Bostrico, servono più risorse per proteggere gli abeti rossi

di Lino Febbrari
Chiazze di abeti rossi disseccati dall’attacco del bostrico in alta ValcamonicaLa chioma  di un albero ucciso dall’attacco parassitario
Chiazze di abeti rossi disseccati dall’attacco del bostrico in alta ValcamonicaLa chioma di un albero ucciso dall’attacco parassitario
Chiazze di abeti rossi disseccati dall’attacco del bostrico in alta ValcamonicaLa chioma  di un albero ucciso dall’attacco parassitario
Chiazze di abeti rossi disseccati dall’attacco del bostrico in alta ValcamonicaLa chioma di un albero ucciso dall’attacco parassitario

Il bostrico è un parassita che attacca le piante più esposte e deboli e, come nel nostro caso, quelle abbattute dalla tempesta Vaia alla fine di ottobre del 2018. Il minuscolo coleottero, presenza costante e normale nelle foreste, solo temporaneamente moltiplicata dalle circostanze, colpisce l’abete rosso quando è in sofferenza: lo colonizza nutrendosi dei tessuti sottocorticali che conducono la linfa dalle radici alle foglie. In poche settimane causa la morte dell’albero per passare poi a infettare quelli vicini. Sta succedendo su vasta scala anche in Valcamonica. La situazione? Gettando l’occhio si notano moltissime macchie marroni tra il verde della vegetazione, in particolare nelle vicinanze delle aree devastate dalla bufera, e «non è sicuramente delle migliori - ammette Alessandro Ducoli, dottore forestale della Comunità montana, durante una pausa del seminario tenuto a Ponte di Legno per presentare le strategie messe in campo dall’ente per il contenimento dell’insetto -. L’inverno che abbiamo passato con poca neve, la primavera scarsamente piovosa e questa estate torrida hanno favorito a dismisura la diffusione. Purtroppo noi abbiamo, per così dire, le armi spuntate, ed enormi difficoltà di programmazione nel contrastare questa inattesa e devastante invasione».

«Sono difficoltà dovute in particolare all’orografia dei nostri versanti montani e alle strutture forestali disponibili - prosegue -. Non prevedo miglioramenti e nulla di buono per l’immediato futuro. Anzi, le condizioni di certe località potranno solo peggiorare notevolmente». Un intervento capillare per la lotta all’Ips typographus è possibile: anche in valle sono state piazzate trappole a feromoni per attirare le larve che trascorrono l’inverno a terra. Si tratta però di operazioni costose e certamente non sostenibili con la sola vendita del legname ricavato dal taglio e dalla vendita delle piante compromesse. Quindi, secondo Ducoli, per un’azione efficace e risolutiva la Regione dovrebbe mettere a disposizione risorse sufficienti, visto soprattutto che il problema non riguarda la sola Valcamonica ma diversi altri territori boscati della vallate lombarde. Si potrebbero così programmare, per esempio, una serie di misure di pronto intervento ogni qualvolta si manifesti un’infezione, e azioni mirate su determinate zone più infestate.

L’esperto tranquillizza poi quanti temono che, proprio a causa di questo curculionide, la maggior parte delle peccete sia destinata a scomparire. «Diciamo che questo insetto nocivo per gli abeti è però a tutti gli effetti un bio regolatore - osserva Ducoli -, anche se in questa fase è intervenuto in maniera molto aggressiva e i danni al paesaggio sono ben visibili. Inoltre, la sua attività può ingenerare anche danni di tipo idrogeologico in punti in cui i pendii sono molto ripidi: gli alberi muoiono, cadono a terra quando sono secchi a causa delle raffiche di vento e le radici marcendo non trattengono più il terreno che viene dilavato dalle piogge». «Rassicuro però sulla sorte di questi giganti vegetali. Dal punto di vista ecologico, pur essendo stata favorita dalle contingenze esterne che dicevo prima, carenza di precipitazioni e temperature sahariane - conclude il tecnico forestale -, la diffusione del bostrico non cancellerà i boschi di abete rosso, ma nel medio-lungo periodo questi tenderanno ad auto regolarsi, ossia riusciranno a diventare più resistenti agli attacchi parassitari».•.

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