brescia insolita

Cernunno, la divinità e il ciclo morte-rinascita

di Marco Tiraboschi
La divinità è rappresentata sulla roccia 70 nel Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane
L'incisione rupestre al Parco di Naquane
L'incisione rupestre al Parco di Naquane
L'incisione rupestre al Parco di Naquane
L'incisione rupestre al Parco di Naquane

Una strana, enorme figura dalle corna di cervo da millenni si aggira tra i boschi della Valle Camonica: è forse nato qui ed è il padre delle più potenti divinità celtiche. Questa divinità è rappresentata sulla roccia 70 nel Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane - istituito nel 1955 come primo parco archeologico italiano, in territorio di Capo di Ponte -, è uno dei capolavori tutelati dall'Unesco. La figura, nella stilizzazione e nella forte ed enigmatica simbologia che caratterizza questa cultura, è vestita da una lunga tunica e impugna un coltello. Le mani ignote che l'hanno rappresentata hanno voluto aggiungere altri dettagli: dal corpo ne esce una linea sinuosa da sempre interpretata come un serpente. Da studi recenti si è fatta largo la teoria che si tratti di una barca solare a forma di uccello, un simbolo ricorrente nella storia della valle. Al braccio destro porta un'armilla (bracciale) e la mano impugna un coltello. Ai suoi piedi una figura più piccola un «orante», un devoto nell'atto di pregare.

La divinità rappresentata è una delle poche tra quelle camune ad avere un nome: si tratta del dio Cernunno, o almeno di una sua forma arcaica, la più antica conosciuta. L'incisione è stata datata al VI-inizi V secolo avanti Cristo, è quindi probabile che le culture celtiche siano venute in contatto con questo culto attraverso gli scambi commerciali avvenuti tra le due popolazioni. I celti hanno fatto del «dio cornuto» la loro divinità principale che nel caos primordiale del loro pantheon, variabile a secondo delle tribù e delle zone, ha assunto vari nomi: Lug, Taranis o Belenos. Giulio Cesare, nel suo «De bello Gallico» lo assimilava a Mercurio, lo definiva il padre di tutti gli dei Galli, una divinità notturna, sotterranea, e sosteneva che per questo nel loro calendario le giornate, i mesi, gli anni, iniziassero di notte.

Spesso, come nel celebre «Calderone di Gundestrup» (databile alla prima metà del I secolo avanti Cristo), è rappresentato seduto, a gambe incrociate, come il Buddha, forse come facevano i cacciatori celtici in attesa della preda. Sulla testa un copricapo con corna ramificate, attorno animali selvaggi, nella mano destra tiene un «torques», un oggetto mistico identitario del popolo celtico, nella sinistra un serpente dalla testa di ariete. Simboli che sono difficilmente interpretabili a distanza di millenni, ma che probabilmente riportano al culto della fertilità e della prosperità. Il cervo, considerato uno degli animali totemici dei camuni, doveva avere una grande importanza dal punto di vista economico ma anche da quello religioso, tanto da impressionare profondamente i «nuovi arrivati».

La barca solare dell'incisione di Naquane fa di Cernunno anche una divinità legata al ciclo di morte/rinascita che contraddistingue il disco solare nell'alternarsi tra notte e giorno. Curioso il fatto che nel folklore medievale si credesse che all'età di cinquant'anni i cervi si mettessero alla ricerca di un serpente, lo uccidessero e lo mangiassero. Fatto ciò correvano all'impazzata allo stagno più vicino e bevevano più acqua possibile per rinnovare le loro corna per altri cinquant'anni. Per i cristiani, il cervo simboleggiava l'anima assetata di Dio. Cernunno, invece, nel medioevo diviene il simbolo dell'Anticristo, come Pan e altre divinità legate alle forze naturali.

Suggerimenti