LA STORIA

Tomasi, l’ultimo calzolaio della Valcamonica: ripara invece di buttare

di Lino Febbrari
L'artigiano lavora da anni un una bottega del centro storico di Edolo allungando la vita di tanti oggetti. Con le sue mani crea anche articoli unici che vanno a ruba
Giordano Tomasi, uno degli ultimi calzolai della Valcamonica
Giordano Tomasi, uno degli ultimi calzolai della Valcamonica
Giordano Tomasi, uno degli ultimi calzolai della Valcamonica
Giordano Tomasi, uno degli ultimi calzolai della Valcamonica

Nel centro storico di Edolo, in via Battisti, forse la viuzza medievale meglio conservata nel nucleo originale dell’abitato (nonostante la scena sia occupata anche da alcuni fatiscenti palazzi trascurati e a rischio di crollo), resiste uno mestieri dei più antichi destinato purtroppo a scomparire definitivamente.

Lo pratica con maestrìa Giordano Tomasi che, originario di Canè di Vione, con un passato di lavoro all’estero in alcuni paesi di lingua spagnola, da una ventina di anni ha aperto una bottega di ciabattino: una delle due o tre attività del genere ancora esistenti in alta Valcamonica.

L’artigiano ha imparato l’arte manuale di aggiustare scarpe, borse, zaini e cinture da un maestro della Valtrompia, e non disdegna neppure, quando in mente gli balena il progetto, di creare articoli unici con le proprie esperte mani: oggetti che vanno a ruba soprattutto tra i (pochi) turisti che frequentano quella bellissima e antichissima zona dell’abitato.

Riciclo contro sprechi

Nonostante la vita moderna contraddistinta dall’invecchiamento programmato delle cose e da un monumentale spreco, grazie in particolare alla sua innata passione ogni giorno Tomasi lotta per ritagliarsi uno spazio (e guadagnarsi di che vivere) nel piccolo locale ricavato al piano terreno di un palazzo signorile del Seicento, ma anche nella più grande bottega avviata qualche anno fa a Costa Volpino (Bergamo).

L’eredità di un maestro

«La mia fortuna è stata quella di conoscere tanti anni fa il maestro Guastalla che mi ha trasmesso i segreti di questo mestiere - racconta mentre con un coltello affilato ritaglia la suola di uno stivale da donna -. Questo signore mi voleva bene e viste le mie capacità manuali mi ha indirizzato su questa strada. Poco alla volta ho imparato e dopo un periodo di affiancamento trascorso “sotto le sue ali” ho deciso di mettermi in proprio. Devo dire che non mi sono assolutamente mai trovato pentito della mia scelta - aggiunge il calzolaio -, anche se mi rendo perfettamente conto che, oltre ad avere sempre qualcosa di nuovo da imparare, oggi fare questo è diventato veramente difficile e pur di non abbassare la serranda mi sono dovuto adattare controvoglia ai nuovi materiali e ai nuovi prodotti che i clienti mi portano da sistemare».

Tomasi confessa che è poi sempre più difficoltoso mandare avanti le due botteghe (a Edolo lavora il sabato e il lunedì, il resto della settimana lo trascorre nel paese che si affaccia sul Sebino) perché «quello del ciabattino è un servizio che viene sempre meno richiesto per la cultura che ci hanno inculcato dell’usa e getta. Riparazioni non se ne fanno moltissime, e spesso mi capita di scervellarmi ore per trovare la soluzione giusta per mettere a posto un paio di scarpe o a una borsa. Questo proprio a causa dei materiali, che a mio giudizio non sono di buona qualità, come quelli che si utilizzavano una volta, impiegati dalle aziende produttrici - puntualizza -. Purtroppo i bei tempi di questa professione sono ormai alle spalle, ma cerchiamo di tirare avanti fin che ce la facciamo».

 La grande passione ancora oggi dimostrata da uno degli ultimi calzolai della valle fa però sperare che questo antico mestiere possa continuare nel tempo. Magari anche a Tomasi succederà di ritrovarsi un giorno in bottega un giovane con la voglia di apprendere la sua arte. Glielo auguriamo.

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