Fauna in difficoltà, caso aperto La Provinciale chiede chiarezza

di P.BAL.

È un confronto a distanza che prosegue da mesi e che, al di là delle differenti letture dei passaggi che hanno portato in capo alla Regione funzioni prima in carico alle Province, lascia aperto un problema: quello delle effettive funzioni di ciò che resta della polizia provinciale. In estrema sintesi da Milano chiedono al corpo, numericamente molto ridimensionato dopo l’abolizione «parziale» delle Province, di continuare a occuparsi di una serie di funzioni faunistiche. Tutto bene fino a quando si tratta di controllo della caccia e del bracconaggio; meno bene, secondo il comandante Carlo Caromani, a fronte delle attività di soccorso e recupero della fauna in difficoltà e delle carcasse di animali selvatici. IL TEMA dei salvataggi e delle relative responsabilità è in verità definito da deliberazioni delle giunta regionale con parecchi anni di vita (nelle quali si parla di corpi o servizi di vigilanza ittico venatoria provinciali), ma ancora in sintesi, secondo Caromani negli accordi bilaterali Regione-Provincia di due anni fa sarebbe rimasta in sospeso una definizione precisa della responsabilità per questi ultimi obblighi, e soprattutto il corpo non dispone di risorse umane sufficienti per occuparsene senza sacrificare in parte o del tutto il controllo sull’attività venatoria. «Ci stiamo comunque occupando da due anni anche di salvataggi e rimozioni per quello che definisco un obbligo morale - sottolinea Caromani -, ma ora è necessario che ci si ponga il problema di cosa far fare davvero alla polizia provinciale e con quali mezzi». Al di là delle interpretazioni giuridiche, è abbastanza evidente che i 30 agenti rimasti in carico al corpo sono pochi per un territorio vasto come quello bresciano. Anche per questo, sfruttando una nicchia aperta dal già citato accordi bilaterale del 2015, Caromani ha preparato e ha pronta per la firma una convenzione (non onerosa) che affida al volontariato almeno il recupero dell’avifauna in difficoltà. La controparte sono i volontari della Guardia nazionale ambientale, ai quali vengono concessi per questo spazi e mezzi operativi. «Mi auguro che possa rappresentare un esperimento pilota utile anche altrove», conclude Caromani. •

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