Processo Bozzoli: «Abu» sposta l’ora del delitto

di Paolo Cittadini
Un momento  della lunga testimonianza di ieri in Corte d’assise di Aboagye «Abu» Akwasi FOTOLIVE/ FABRIZIO CATTINA
Un momento della lunga testimonianza di ieri in Corte d’assise di Aboagye «Abu» Akwasi FOTOLIVE/ FABRIZIO CATTINA
Un momento  della lunga testimonianza di ieri in Corte d’assise di Aboagye «Abu» Akwasi FOTOLIVE/ FABRIZIO CATTINA
Un momento della lunga testimonianza di ieri in Corte d’assise di Aboagye «Abu» Akwasi FOTOLIVE/ FABRIZIO CATTINA

Entrambi erano finiti nel registro degli indagati ,accusati dalla Procura di concorso nell’omicidio di Mario Bozzoli e nella distruzione del cadavere dell’imprenditore di Marcheno scomparso nel nulla la sera dell’8 ottobre 2015, alla fine del turno di lavoro. La loro posizione era poi stata archiviata al termine delle indagini coordinate dalla Procura generale che nel marzo del 2018 aveva avocato l’inchiesta. Ieri Aboagye «Abu» Akwasi e Oscar Maggi, ex dipendenti della fonderia «del mistero» di Marcheno, sono stati sentiti come testimoni nel processo che vede alla sbarra Giacomo Bozzoli, il nipote di Mario, accusato di avere ucciso lo zio e di averne fatto sparire chissà dove il corpo dopo averlo fatto uscire - questa l’idea degli inquirenti - dall’azienda occultandolo nella propria auto. E nell’udienza fiume, è iniziata alle 9.30 per concludersi quando erano passate le 17.30, non sono mancati i colpi di scena. Il primo ad essere sentito è stato «Abu», l’operaio di origine ghanese che ora vive a Londra mentre la famiglia ancora risiede a Marcheno. «L’ultima volta che ho visto Mario Bozzoli è stato alle 19.30 dell’8 ottobre, la sera della scomparsa», ha raccontato alla corte d’Assise di Brescia presieduta dal giudice Roberto Spanò. Una dichiarazione questa che però fa a pugni con la ricostruzione degli inquirenti secondo cui Mario Bozzoli sarebbe stato ucciso tra le 19.13 e le 19.24 dell’8 ottobre di sei anni fa. Oscar Maggi ha invece spiegato ai giudici togati e popolari di avere visto per l’ultima volta il suo datore di lavoro prima della fumata anomala che quella sera intorno alle 19.20 aveva bloccato i forni dell’impianto produttivo. Ai due ex operai è inoltre stata chiesto di dare una spiegazione alle parole intercettate il 15 ottobre del 2015 mentre in auto tornavano a Marcheno dopo essere stati ascoltati dai carabinieri. Quel giorno i due stavano parlando di Giuseppe Ghirardini, l’operaio della fonderia trovato morto dopo essersi avvelenato con un’esca per animali al cianuro. «Se Beppe racconta qualcosa di sbagliato siamo tutti nei casini», si era lasciato scappare Maggi. «Ero preoccupato - si è giustificato Maggi - Ghirardini diceva molte bugie e temevo che se avesse detto qualcosa di non vero agli inquirenti mi sarei trovato io nei guai». Maggi ha anche accennato ai rapporti tra Ghirardini, suo collega nel reparto forni e Mario Bozzoli. «Ghirardini ce l’aveva con Mario - ha raccontato - Diceva che lo prendeva in giro per il fatto di essere stato lasciato dalla moglie che se ne era tornata in Brasile con il figlio. A me Beppe è arrivato a dire che se avesse visto Mario in un posto a Gardone lo avrebbe preso a schiaffi. Per questo avevo paura che ai carabinieri potesse raccontare di avere un buon rapporto con Mario. In quel caso avrei rischiato di correre io dei guai visto che la sera della scomparsa di Mario eravamo io e lui al lavoro ai forni». Il processo, iniziato a gennaio, e che potrebbe concludersi all’inizio del prossimo anno, è stato aggiornato al 17 novembre con una nuova udienza.•.

Suggerimenti