«Veleni, vicino il punto di non ritorno»

di Valerio Morabito
Il tavolo degli esperti ha analizzato il progetto dell’oasi anti-veleni Il Gardaforum ha ospitato il primo focus ambientale su Montichiari
Il tavolo degli esperti ha analizzato il progetto dell’oasi anti-veleni Il Gardaforum ha ospitato il primo focus ambientale su Montichiari
Il tavolo degli esperti ha analizzato il progetto dell’oasi anti-veleni Il Gardaforum ha ospitato il primo focus ambientale su Montichiari
Il tavolo degli esperti ha analizzato il progetto dell’oasi anti-veleni Il Gardaforum ha ospitato il primo focus ambientale su Montichiari

Il monito: «È urgente passare dalla teoria alla pratica, considerando che a Vighizzolo ci sono evidenti rischi ambientali. Il contesto di Montichiari è perturbato fortemente dal punto di vista ecologico. I livelli delle polveri sottili sono ormai al limite secondo gli standard fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità». La terapia: «L’unico rimedio per evitare il default ambientale è la conoscenza del nostro territorio. Occorre affrontare i problemi la consapevolezza che sarà un processo lungo che passa dall’accertare la natura dei veleni custoditi nel territorio. Trascorreranno molti anni».

La speranza: «Si possono usare le piante come fito-estrattori di materiale contaminanti. Ma queste tecniche dipendono dalla conoscenza di quello che si trova nel sottosuolo. Il problema dei costi, però, non può essere dimenticato e non sarà facile reperire i fondi per quello che si vuole realizzare». L’ingegnere nucleare Marco Sumini dell’Università di Bologna ha tracciato passato, presente e futuro della «pattumiera d’Europa», in occasione del convegno organizzato ieri sera al Garda Forum da «Sos Terra» e Legambiente Montichiari.

IL TITOLO era emblematico: «Piantiamo il futuro» che è anche lo slogan di un progetto innovativo. Difendere Vighizzolo dalla contaminazione delle discariche e dal tanfo con una barriera di piante vocate ad abbattere l’inquinamento.

LO SPIRITO DEL PROGETTO si specchia nelle parole del rappresentante di «Sos Terra» Alberto Minotti: «Possiamo e dobbiamo riportare la bellezza dove oggi esiste la devastazione. Vorremmo che si parlasse di Vighizzolo come un luogo da prendere come esempio. È il sogno che vogliamo iniziare a coltivare».

D’accordo anche Luciano Gerlegni, esponente del circolo di Legambiente locale: «Trent’anni fa venne approvata la prima discarica a Montichiari. L’inizio di un processo virale. A volte con dure battaglie siamo riusciti a porre dei freni, ma il cumulo di rifiuti ci ha portato a vivere in un ambiente peggiore nel quale siamo nati. Bisogna cambiare questo stato di cose, quindi è importante la partecipazione di tutti al progetto per rammendare Vighizzolo».

L’assessore all’Ambiente di Montichiari, Mariachiara Soldini, si è mostrata cautamente ottimista: «Finalmente ci troviamo a non parlare del passato, ma del nostro futuro. L’obiettivo è trovare una soluzione nel modo più semplice possibile al problema più grave di Montichiari. Cambiare l’approccio era fondamentale per rialzare la testa».

RITA BARALDI, PRIMO ricercatore del Cnr di Bologna, si è soffermata sull’importanza di selezionare le piante che formeranno l’oasi anti-veleni. «Significativi possono essere alberi come gli ippocastani, tigli e carpini bianchi. Tutte le piante, però, possono assorbire o mitigare l’ambiente circostante. In più le piante possono fito-rimediare, ovvero attraverso le radici riescono a captare sostanze velenose presenti nel terreno». È intervenuto anche il professore Vittorio Ingegnoli, docente dell’Università di Milano, il quale ha affermato che «servono in primis degli studi, anche medici, per un luogo alterato dal punto di vista ambientale come Vighizzolo, in modo da capire come intervenire. Servono delle analisi. Dunque occorre riflettere, capire lo stato generale del paesaggio di Montichiari e soltanto in seguito progettare delle aree verdi».

Nella natura insomma, Montichiari potrebbe trovare gli anticorpi e gli antidoti ai veleni che lo stanno lentamente uccidendo.

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