LA SENTENZA

Discariche abusive
Il Tar blocca
la bonifica coatta

Le ex cave piene di rifiuti attendono le bonifiche
Le ex cave piene di rifiuti attendono le bonifiche
Le ex cave piene di rifiuti attendono le bonifiche
Le ex cave piene di rifiuti attendono le bonifiche

Quattro ricorsi incrociati, ma un esito comune che allontana la bonifica delle discariche ambientalmente più delicate di Montichiari. Il Tar ha accolto - con motivazioni diverse - il pacchetto ricorsi della Systema Ambiente e dei tre proprietari dei siti Bicelli, Baratti e Accini, anullando l’ordinanza del Comune del 2014 che imponeva ai privati di varare un piano di recupero e smaltimento dei rifiuti depositati nei bacini di smaltimento dismessi, oltre a finanziare uno studio per escludere il superamento dei livelli di contaminazione.

Tutto risale all’autunno del 1998, quando la ValsEco firmò un accordo con cui si impegnava a smaltire i rifiuti abbandonati tra gli anni ’70 e ’80 nelle cave Bicelli, Bonomi, Accini e Baratti, trasformate in discariche abusive: si tratta, nell’ordine, di circa 45 mila, 90 mila, 35 mila e 76 mila metri cubi di scorie. La messa in sicurezza dei bacini doveva essere la contropartita alla concessione ottenuta dalla Regione all’apertura di un nuovo sito di smaltimento rifiuti dalla capacità di un milione e 350 mila metri cubi. ValsEco - prima diventata Systema e infine Gruppo Systema - ha ultimato la messa in sicurezza dell’ex cava Bonomi nel 2006, con un investimento di quasi 8 milioni di euro. Gli altri tre bacini di escavazione esauriti sono rimasti sudari di «veleni».

NEL 2005 l’Amministrazione recedeva dagli impegni assunti con la convenzione stipulata nel 1997 e abbandonava la scelta della rimozione integrale dei rifiuti a favore dell’alternativo rimedio del «capping», ossia della realizzazione di una semplice copertura dell’area inquinata. Scartata anche questa soluzione, era stato ipotizzato di accelerare i processi di ossidazione e di mineralizzazione delle sostanze pericolose, «ventilando» con apposite perforazioni il cumulo di rifiuti. Ma gli enti coinvolti nel procedimento avevano assunto pareri e posizioni contrastanti: la Regione aveva ritenuto l’intervento di «aerazione» meritevole di attuazione, mentre Asl e Arpa avevano bocciato l’ipotesi in mancanza di un quadro normativo sul sistema.

Nel frattempo, si legge nel ricorso, «alla fine del 2013 Systema aveva versato al Comune più di 16 milioni di euro quali contributi convenzionali per l’incidenza dell’impianto sul territorio, e aveva sostenuto ulteriori costi pari a oltre 10 milioni di euro per misure mitigative a favore della collettività».

E arriviamo al 2014, quando il Comune revoca la precedente deliberazione del 2005, dando mandato al dirigente di predisporre le ordinanze per imporre a Systema e ai proprietari dei tre siti di presentare, entro 180 giorni, un Piano di rimozione e smaltimento dei rifiuti, oltre ad un piano di indagini finalizzato ad escludere che rimosse le scorie il sito resti contaminato. Due le motivazioni sostanziali dei ricorsi presentati dai proprietari dei siti: «la violazione della convenzione sottoscritta tra il Comune e Systema Ambiente, dato che le parti non hanno mai onorato gli impegni assunti con l’intesa, che correttamente prevedeva la bonifica dell’area e il conferimento dei rifiuti nella nuova discarica».

«Dopo aver accantonato il progetto alternativo teso a valorizzare il metodo del “capping” - sostengono gli avvocati dei tre ricorrenti -, il Comune è ritornato sulle proprie decisioni e ha nuovamente optato per la rimozione dei rifiuti, decidendo tuttavia irragionevolmente di estendere il perimetro dell’obbligazione alla ricorrente, quando il vincolo contrattuale era fra ente locale e Systema».

SCATTA POI il difetto di competenza: spetta al sindaco, e non al dirigente, disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti. Da non sottovalutare infine il fatto che, «in materia di rifiuti, chi inquina paga: il proprietario dell’area interessata è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione, al fine di impedire o minimizzare una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente. Pertanto, la bonifica può essere imposta solo a chi ha realmente inquinato.

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