«E il boss appena
arrestato ci chiese
un autografo»

di Valerio Morabito
Il Comandante Alfa ha parlato della sua lunghissima esperienza alla guida del corpo d’elitè dei carabinieri  e del libro appena pubblicato Il comandante del Gis dell’Arma
Il Comandante Alfa ha parlato della sua lunghissima esperienza alla guida del corpo d’elitè dei carabinieri e del libro appena pubblicato Il comandante del Gis dell’Arma
Il Comandante Alfa ha parlato della sua lunghissima esperienza alla guida del corpo d’elitè dei carabinieri  e del libro appena pubblicato Il comandante del Gis dell’Arma
Il Comandante Alfa ha parlato della sua lunghissima esperienza alla guida del corpo d’elitè dei carabinieri e del libro appena pubblicato Il comandante del Gis dell’Arma

«I rambo sono pericolosi, per loro e per gli altri. Nel reparto del Gis non vogliamo gente di questo genere, ma persone intelligenti che prima di agire hanno la capacità di pensare».

Il Comandante Alfa non usa parole banali per presentare il suo libro, «Cuore di rondine», nel centro giovanile di Montichiari. Sala affollata per l’evento organizzato dal comandante della locale stazione dell’Arma, Roberto Bonfiglio. Viso coperto dal mefisto e uniforme d’ordinanza per lo storico fondatore del Gruppo di intervento speciale, che nonostante la copertura professionale non ha nascosto la sua ironia e ha raccontato ai presenti l’esperienza quarantennale in un reparto storico dei carabinieri.

Un esistenza al servizio dello Stato, un legame profondo che si spezzerà il 28 febbraio quando il Comandante Alfa andrà in congedo. Uno scherzo del destino ha voluto che il carabiniere plurimedagliato è nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani. La stessa cittadina del ricercato numero uno, ovvero il padrino di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. E dire che il Comandante Alfa ne ha catturati di boss. «Un famigerato camorrista, quando lo abbiamo trovato, ci ha chiesto un autografo. Era felice che fossimo stati noi a prenderlo, perché altri camorristi lo avrebbero ucciso e poi si sarebbe potuto “vantare” in carcere di essere stato arrestato dal reparto d’elitè dei carabinieri», ha raccontato il Comandante Alfa. Una vita dedicato allo Stato, all’Italia, quella del fondatore del Gis. In una sala vicina i ragazzi guardano la partita del sabato sera e scherzano tra loro e non sanno che in una stanza al piano interrato del centro giovanile sta parlando una persona che dovrebbe essere ascoltato, soprattutto dalle giovani generazioni che spesso cercano esempi e punti di riferimento. L’esperienze sul campo evocate dal Comandante Alfa scorrono durante la serata come un breviario laico che gli abitanti di un territorio florido e sviluppato come Brescia, dovrebbero imparare a memoria: dove ci sono ricchezza e movimenti di grandi interessi economici, può attecchire la criminalità organizzata il cui più grande inganno - proprio come si dice del diavolo e far credere di non esistere. Gli anticorpi sono racchiusi nella società civile e in un servizio investigativo efficiente. In attesa della fiction che verrà girata dalla Rai nelle prossime settimane, per raccontare la sua vita e quella del Gis, il Comandante Alfa ha affrontato il delicato tema del coraggio citando Giovanni Falcone.

«L’IMPORTANTE non è stabilire se uno ha paura o meno, è sapere convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa», è stata la frase del giudice menzionata dal Comandante. E il fondatore del Gis non si è fatto certo condizionare dalla paura quando è stato in missione in Iraq; a Nassiriya -città irachena dove è nato, da un dialogo con un giornalista, il titolo del suo libro «Cuore di rondine»-, l’intervento nel carcere di Trani, dove i detenuti in rivolta tenevano in ostaggio dieci agenti; la liberazione della piccola Patrizia Tacchella, rapita nel 1990 a soli 8 anni. Infine il Comandante Alfa ha mostrato anche quello che si nasconde dietro il mefisto: «Senza la comprensione e la complicità della mia famiglia non potrei essere qua».

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