I punti oscuri della barca colata a picco

Scongiurato il pericolo che nel lago si riversassero fiumi di deiezioni, sullo sfondo della vicenda della chiatta affondata trascinando con sé il collettore restano ancora molti punti da chiarire. A partire dalla data esatta in cui l’imbarcazione si è inabissata. Di certo l’allarme ambientale è scattato domenica 26 novembre quando una comitiva di sub durante un’immersione amatoriale nello specchio d’acqua antistante il porticciolo del Casinò di Gardone Riviera hanno scorto il relitto a una profondità di 30 metri di profondità. Nessuno fino a quel momento aveva denunciato alle autorità l’affondamento dell’imbarcazione da lavoro impegnata nel cantiere edile di una villa con vista sul lago. PERCHÈ la chiatta sia colata a picco è ancora un mistero. I tentativi di recupero con l’ausilio dell’ingegnere che aveva riportato a galla la Costa Concordia vanno a vuoto. La barca carica di laterizi non si sposta di un centimetro. Sabato 2 dicembre la Prefettura di Brescia rompe gli indugi convocando un’unità di crisi chiamata a gestire l’emergenza lasciando comunque tutta la responsabilità delle scelte e delle operazioni da svolgere sulle spalle della società armatrice della chiatta. Sette giorni dopo l’insperato epilogo giunge grazie all’intuizione dei Volontari del Garda che, dopo aver visionato i filmati, intuiscono che non è la barca a premere contro la condotta ma la stessa è in quella posizione a causa dalle cime di alcune boe trascinate durante l’affondamento. Sabato le catenarie vengono spezzate e la tubatura si libera adagiandosi sul fondale. Allarme rientrato, ma alcuni punti oscuri sono ancora tutti da chiarire. L.SCA.

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