Cefalonia, parlano i sopravvissuti

Sono trascorsi 73 anni dall’eccidio della «Divisione Acqui» sull’isola greca di Cefalonia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 i fanti italiani alla guida del generale Antonio Gandin rifiutarono di arrendersi ai tedeschi. Prima sconfitti e costretti alla resa, in migliaia furono fucilati e i loro colpi sepolti sommariamente.

Le stime, peraltro divergenti, raccontano dell’esecuzione sommaria di non meno di 5mila soldati fatti prigionieri dai tedeschi dopo la battaglia. Ed i superstiti quasi tutti deportati verso il continente, caricati su navi che finirono sulle mine subacquee o furono silurate, con ulteriori gravissime perdite umane.

Il desiderio di mantenere vivo il ricordo di quella tragedia, la prima manifestazione di resistenza organizzata dell’Esercito, si è alimentato nel corso dei decenni successivi dell’impegno dei reduci. Che sono sempre di meno, nel Bresciano, soltanto quattro. Questa mattina, come fanno ormai da anni, alle 10,15 poseranno una corona di fiori alla lapide posta nella scuola «Divisione Acqui» del quartiere Primo Maggio. Alla cerimonia parteciperanno gli ultimi reduci: Angelo Scalvini di Calcinato, Pietro Giacomini di San Felice del Benaco, Eleuterio Fappani di Vobarno; l’ultimo, Celeste Bertoglio di Sarezzo, non potrà partecipare per le precarie condizioni fisiche. Ma nel cuore e nel ricordo dei presenti non mancherà certo. Domenica alle 11, sempre nel quartiere Primo maggio, nella chiesa parrocchiale sarà invece celebrata una messa per commemorare l’eccidio.

Lunghe le vicende giudiziarie che hanno segnato la storia della «Divisione Acqui»: nell’ottobre 2013 il Tribunale militare di Roma ha riconosciuto la responsabilità penale di un caporale condannandolo all'ergastolo per il massacro compiuto nel settembre del 1943: aveva a suo tempo aveva confessato di aver preso parte alle fucilazioni degli ufficiali della divisione Acqui a Cefalonia nel settembre del 1943.W.G.

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