Pedinati e rapinati
Sgominata la gang
del satellite «spia»

di Mario Pari

Lampeggianti, pettorine della polizia, armi da fuoco. Fermi a lato della strada.Le auto scorrevano veloci sulla carreggiata pensando a un controllo di routine. In realtà erano rapine. In alcuni casi molto brutali. I nove responsabili sono stati arrestati al termine delle indagini condotte dalla squadra Mobile della Questura di Brescia e dei carabinieri della compagnia di Chiari e coordinate dal pm Carlo Pappalardo della procura di Brescia.

LA BANDA era organizzata scientificamente al punto che all’auto delle vittime veniva applicato un apparecchiatura gps satellitare per poterle tenere sotto sorveglianza e decidere il momento giusto per colpire. Non di rado sulla strada del ritorno da banche slovene e croate. E in due casi la banda che, per quanto composta, secondo l’accusa da nove persone, agiva volta per volta, con tre dei suoi componenti si è impossessata di bottini consistenti: da 400 mila a 700 mila euro. Le ordinanze di custodia cautelare hanno raggiunto Luca Agosta, Palmiro Bonomelli, Pasquale Bruognolo, Fouad Choukrane, Giovanni Danesi, Salvatore Di Stefano, Antonio La Fronza, Adriano Palumbo, Massimiliano Petruzzellis, tutti risultati residenti nelle province di Bergamo o Milano. La banda ha colpito per almeno quattro volte nel Bresciano. La prima rapina attribuita all’organizzazione risale al 3 aprile 2015, intorno alle 22, ed è stata messa a segno a Capriolo. Vittime due albanesi sulla cui auto i rapinatori erano convinti di trovare qualcosa di prezioso. L’auto è stata portata via e e ritrovata nel milanese.

UNA VENTINA di giorni dopo il colpo, a Brescia, si sarebbe rivelato molto più fruttuoso. I rapinatori in quell’occasione riuscirono armi alla mano come sempre, ad impossessarsi di 400 mila euro. Una rapina messa a segno in centro storico, sotto la casa della vittima. Cè poi l’assalto del 15 luglio 2015, a Palazzolo, con il bottino più alto per quanto riguarda la «serie» dei finti poliziotti: 700 mila euro. Le vittime, parlando delle somme sottratte, hanno fatto riferimento all’attività imprenditoriale, ad eredità, alla vendita di immobili. Puntavano invece a 200 mila euro quando hanno estratto le armi il 14 ottobre scorso -ancora a Brescia - ma non ce l’hanno fatta perchè le vittime sono riuscite a darsi alla fuga. Ma ci sono stati anche speronamenti e pugni pur di farsi consegnare il denaro, tentativo in un caso andato a vuoto dopo una colluttazione. Le vittime, hanno spiegato il dirigente della Mobile Giuseppe Schettino e il capitano Stefano Giovino, comandante della compagnia dei carabinieri di Chiari, erano a tal punto monitorate che in un’occasione i rapinatori hanno agito dopo aver notato lo spostamento di borsoni. L’operazione«Donald Duck» prende il nome da un tatuaggio di Paperino presente su un braccio di uno dei rapinatori e riconosciuto da una delle vittime.

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