Adesso Elio Cadei
ammette: «Il nostro
amore era malato»

I rilievi dei carabinieri sulla scena del dramma di  Zurane
I rilievi dei carabinieri sulla scena del dramma di Zurane
I rilievi dei carabinieri sulla scena del dramma di  Zurane
I rilievi dei carabinieri sulla scena del dramma di Zurane

Non si può definire una confessione ma piuttosto la rassegnata consapevolezza che quel rapporto sentimentale «malato» sarebbe finito prima o poi in tragedia.

Le dichiarazioni spontanee rese davanti al Gip da Elio Cadei, unico indagato per la morte della compagna Simona Simonini, 42enne di Provaglio d’Iseo, sono quasi un dialogo davanti a uno specchio deformato, un monologo per esplorare l’abisso di quella maledetta domenica notte.

Elio Cadei dice di non ricordare nulla, ma se sfoglia mentalmente l’album della convivenza con Simona viene travolto dall’atroce presentimento di essere stato lui ad ucciderla durante l’ultimo - in tutti sensi - di quei ora rabbiosi ora teneri corpo a corpo che avevano scandito la loro tormentata e al tempo stesso appassionata relazione. «Quando in cucina ho visto delle macchie di sangue - ha raccontato al gip Lorenzo Benini e al pm Lara Ghirardi, il giardiniere di 46 anni -, ho pensato : “accidenti ci siamo picchiati di nuovo“». Già, di nuovo: Simona aveva in passato trafitto con le forbici il compagno, lui in più di un’occasione era stato accusato di maltrattamenti, patteggiando una condanna. Domenica (15 novembre n.d.r.) - ha ammesso il giardiniere originario di Monticelli -, la coppia aveva bevuto tanto, troppo.

«Sette bottiglie di vino», ha spiegato Elio Cadei. In quelle condizioni di alterazione, probabilmente amplificate da psicofarmaci, non c’è voluta una ragione precisa per innescare il litigio. A questo punto nella mente di Elio sarebbe calato il buio fino a quando non ha scoperto il corpo senza vita della compagna nella camera da letto dell’alloggio di Zurane. «Simona si trovava in camera a terra, ho cominciato a chiamarla più volte, le ho toccato il polso ed il collo e mi sono reso conto che era morta», ha raccontato il compagno che a questo punto sarebbe scoppiato in lacrime: «Ho ucciso il mio amore». Non è una confessione ma una rassegnata consapevolezza di un amore malato.

«È SOLO QUELLO che ho pensato nel vederla morta», ha ribadito Elio Cadei a Gip e pm. Sul corpo della vittima sono stati rilevati lividi ovunque, sul cranio una profonda ferita. Lui ha un ematoma e due fori sul piede destro. «Me ne sono accorto in caserma quando ho chiesto di poter slacciare la scarpa in quanto sentivo dolore, ma non mi ricordo come mi sono procurato quelle ferite». Il sospetto atroce è che siano frutto dei calci sferrati alla convivente. Ma molte risposte della tragedia sono affidate alle analisi tossicologiche che dovranno stabilire se Simona abbia in effetti assunto alcol e farmaci e, in caso affermativo un eventuale nesso fra quel mix e il decesso. O se, come propendono gli inquirenti, sia stata ammazzata a calci e pugni dal convivente.R.PR.

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