L’addio a Camossi memoria alpina di Nikolajewka

di G.C.C.
L’alpino Giuseppe Camossi
L’alpino Giuseppe Camossi
L’alpino Giuseppe Camossi
L’alpino Giuseppe Camossi

L’ultimo saluto sarà questa mattina alle 10, partendo dall’abitazione di via Iseo 20 per la chiesa di Villa Pedergnano, frazione di Erbusco, i funerali del 96 enne Giuseppe Camossi, ultimo alpino reduce dalla campagna di Russia. Deceduto domenica Camossi, è stato un prezioso testimone della tragica spedizione in Russia. Nato in località Val del Luf, arruolato a vent’anni nel Battaglione Valchiese, della 53esima Compagnia, dopo il corso sciatori a Salice d’Ulzio era stato trasferito a Torino, da dove il 2 agosto 1942, partì per la Russia, dove a settembre un proiettile gli trapassò il petto sfiorandogli il cuore. Curato, guarito e promosso sergente, fu rimandato sul fronte del Don, quando l’Armata rossa lanciò la controffensiva. Il sergente di Villa partecipò alla difesa del fronte, fino al 17 gennaio del 1943, quando arrivò l’ordine di ritirarsi. Camossi fu tra gli alpini che spezzarono l’accerchiamento e, superata Nikolajewka, raggiunse Karcov con mani e piedi congelati. Una tradotta lo portò in Italia all’ospedale di Loano, dove nei tre mesi di cure fu insignito della Croce al valor militare. Dimesso a fine maggio, l’8 settembre 1943 fu rastrellato dai tedeschi. Scappato dopo qualche mese, tornò in Franciacorta dove si nascose fino al 25 aprile aiutando il padre sul Monte Orfano e il nonno sulle colline di Erbusco. Con la pace, lavorò come imbianchino, mettendo su famiglia, (lascia i due figli Angelo e Giacomo). Iscritto all’Ana di Rovato, ha coltivato fino all’ultimo la memoria della tragedia e il Comune di Rovato nel 2003, lo ha insignito del Leone d’oro. •

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