La Freccia d’Argento trasloca sul vecchio ponte austriaco

di Giancarlo Chiari
Il ponte sull’Oglio contribuì ad avviare la trasformazione economica ed urbanistica di PalazzoloIl ponte distrutto dai bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945La ricostruzione avvenuta a tempo di record, in un anno
Il ponte sull’Oglio contribuì ad avviare la trasformazione economica ed urbanistica di PalazzoloIl ponte distrutto dai bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945La ricostruzione avvenuta a tempo di record, in un anno
Il ponte sull’Oglio contribuì ad avviare la trasformazione economica ed urbanistica di PalazzoloIl ponte distrutto dai bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945La ricostruzione avvenuta a tempo di record, in un anno
Il ponte sull’Oglio contribuì ad avviare la trasformazione economica ed urbanistica di PalazzoloIl ponte distrutto dai bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945La ricostruzione avvenuta a tempo di record, in un anno

L’interruzione del ponte ferroviario San Michele, tra Paderno Dugnano e Calusco sull’Adda, sulla Milano-Bergamo, ha «promosso» il ponte ferroviario di Palazzolo per il transito dei convogli della Milano-Bergamo-Brescia. Solo che avendo un solo binario, il viadotto costringe sia le Frecce d’Argento che tutti gli altri treni ad attendere in stazione a Palazzolo che si liberi il passaggio. Per la gente di Palazzolo il ponte ferroviario, uno dei rari con una passerella pedonale separata dai binari con un muro che offre una panorama unico di Palazzolo, caratterizza da oltre un secolo e mezzo il paesaggio. COSTRUITO dal 1854 al 1857, tra le più importanti strutture della ferrovia Ferdinandea, il ponte trasformò economia e urbanistica della città, insieme all’apertura nel 1856 della prima fabbrica in Italia di calce e cemento (primo nucleo dell’Italcementi) che diede vita al rione Calci. Progettato dagli austriaci per superare il «canyon» dell’Oglio e la Fusia, costruito con calce e pietra, tra il 3 luglio ’44 e il 27 aprile 1945, subì trentadue bombardamenti alleati che frantumarono le arcate ma non le pile. I genieri dell’esercito tedesco sfruttarono al meglio i loro tronconi appoggiandovi i binari per far passare i treni. Finita la guerra, il ponte tra Castelli Calepio e Palazzolo, ricostruito in poco più di un anno fu riaperto il 28 maggio 1946 con 70mila ore di lavoro di 250 operai, che ricostruirono le arcate distrutte dalle bombe, molte delle quali finirono nel fiume e vi rimasero inesplose; le ultime due furono scoperte, e fatte brillare, in occasione della costruzione del ponte Giusi e del parco fluviale. ALTO 40 METRI, lungo 270, largo 9 (8 occupati dai binari, 1 dalla passerella) il ponte ha nove archi a pieno centro con pile nella valle del fiume, e altri due, sempre in pietra e calce, che superano il primo roggia Fusia e via Calci, il secondo via Marconi, ex 469. Enrico Strabla, che ha raccolto le foto del periodo, e da ragazzo abitando alle Case operaie ha vissuto i giorni terribili della guerra, ha raccontato: «Il primo bombardamento il 3 luglio ’44 il più drammatico ci ha colto tutti di sorpresa. Dodici cacciabombardieri sono piombati sul paese senza che suonasse l’allarme, alle sette della domenica mattina quando la maggior parte stava dormendo. La sera prima, credendo di metterci al sicuro, i miei avevano portato me e mia sorella dagli zii al Vanzeghetto e proprio lì, al passaggio a livello, sono cadute le prime bombe che ci hanno fatto sobbalzare e scappare a gambe levate ai bordi di una ripe, dove abbiamo assistito terrorizzati alle evoluzioni degli aerei, che mitragliavano e bombardavano treno e ponte, volteggiavano tra le colonne di fumo per buttarsi in picchiata a mitragliare e scaricare altre bombe. Quando il bombardamento finì - ricorda ancora Strabla - ci rendemmo conto che eravamo scappati a piedi nudi e in musto in piedi». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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