Un «sentiero» in acciaio
per camminate verticali

di Giuseppe Zani
In rosso il tracciato della ferrata che sarà percorribile dalla prossima primaveraUno degli «uomini ragno» al lavoro lungo i versanti del CornoChiodi e cavi d’acciaio vanno fissato alla parete rocciosaI temerari scalatori in pausa
In rosso il tracciato della ferrata che sarà percorribile dalla prossima primaveraUno degli «uomini ragno» al lavoro lungo i versanti del CornoChiodi e cavi d’acciaio vanno fissato alla parete rocciosaI temerari scalatori in pausa
In rosso il tracciato della ferrata che sarà percorribile dalla prossima primaveraUno degli «uomini ragno» al lavoro lungo i versanti del CornoChiodi e cavi d’acciaio vanno fissato alla parete rocciosaI temerari scalatori in pausa
In rosso il tracciato della ferrata che sarà percorribile dalla prossima primaveraUno degli «uomini ragno» al lavoro lungo i versanti del CornoChiodi e cavi d’acciaio vanno fissato alla parete rocciosaI temerari scalatori in pausa

Il Corno del Bene, a poche centinaia di metri in linea d’aria dal monumento al Redentore, nel massiccio del Gölem, è un monumento naturale attorno a cui, grazie alla suggestiva combinazione di ciclopica imponenza e di slancio verticale, sembra addensarsi il sentimento del sacro.

DAL PROSSIMO ANNO gli appassionati di arrampicata sportiva lo potranno scalare agganciandosi alla ferrata in fase di allestimento grazie al Comune di Zone. Circa 350 metri di cavo d’acciaio che dalla base della piramide rocciosa porteranno in vetta, a quota 1700. «Una via di risalita che non è impegnativa, ma richiede di sapere mettere in pratica le nozioni basilari che un corso di arrampicata può fornire. Non è un gioco, insomma», precisa Roberto Parolari, 50 anni, guida alpina di Gardone Val Trompia, abilitato - ecco la dizione esatta - «al lavoro in parete con accesso e posizionamento mediante funi». Con lui, a installare la ferrata, ci sono Andrea Tocchini, 27 anni, aspirante guida alpina di Bovezzo, e Renzo Gaiti, 32 anni, guida speleologica di Bergamo. Hanno iniziato il 7 ottobre. Ne avranno ancora per un po’. Ogni giornata di bel tempo gli «spiderman» indossano elmetto e imbracatura e si calano con le corde dall’alto. La prima fase dell’intervento è consistita nel disgaggio di sassi e frammenti di roccia instabili lungo il tracciato. È stato allora che Parolari e collaboratori hanno trovato a metà e nella parte superiore del Corno del Bene due vecchi chiodi arrugginiti, segno che quei costoloni a piombo hanno affascinato anche in passato gli amanti delle emozioni forti. Quindi i tre uomini ragno hanno iniziato col trapano a praticare nella roccia fori profondi dentro i quali hanno inserito barre d’acciaio fissandole con la resina. Infine hanno applicato alla parete scalini e staffe d’appoggio. Adesso stanno infilando nelle crune terminali delle barre il lungo cavo d’acciaio che ha il compito di fornire un solido ancoraggio agli arrampicatori.

«Abbiamo scelto l’itinerario a nostro parere migliore - continua Parolari - Per coprirlo ci si impiega almeno un paio di ore. Obbligatorio indossare caschetto, imbracatura, due fettucce munite entrambe di moschettoni, uno che si sgancia dal cavo quando si incontra un chiodo e l’altro che resta attaccato a garantire la sicurezza, e un dissipatore di energia, che serve ad attutire il colpo in caso di caduta». Agli inizi del 2016 la ferrata del Corno del Bene dovrebbe essere pronta.

«A COSE FINITE avremo investito 30 mila euro - racconta il sindaco di Zone, Marco Zatti - Altri 156 mila euro li stiamo investendo per trasformare in un bivacco la malga Palmarusso di Sotto, che era fatiscente e si trova poco distante dal Corno del Bene. Vogliamo rendere il Gölem più accogliente, invogliando gli escursionisti a frequentarlo come meglio credono, con kit da ferrata, a piedi, in mountain bike, a cavallo e, d’inverno, sperando che nevichi, con sci di fondo e ciaspole».

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