Era l'ottobre del 2016 quando venne alla ribalta delle cronache la truffa alla cooperativa Clarabella.
Da allora le indagini non si sono più fermate e i carabinieri di Artogne, sotto la guida del maresciallo Massimiliano Addonisio, hanno ricomposto i tasselli di una famelica organizzazione delinquenziale. «Abbiamo pedinato il capo dell'organizzazione ogni giorno per oltre tre mesi, dalla mattina alla sera. In questo modo abbiamo verificato gli spostamenti e ricostruito le persone con cui entrava in contatto – ha spiegato il comandante -. Gli incontri avvenivano prevalentemente nei centri commerciali di Brescia e Bergamo, luoghi affollati dove potevano mimetizzarsi». Oltre ai pedinamenti i carabinieri sono ricorsi anche a un'attività di ricerca in banche dati.
«ABBIAMO cercato tutte le truffe denunciate con caratteristiche simili e per quelle a carico di ignoti abbiamo inviato i fascicoli fotografici delle persone sulle quali stavamo indagando. La conferma da parte dei colleghi di altre province è arrivata nella quasi totalità dei casi. Non solo, è risultato che durante un periodo di vacanze nelle Marche i truffatori ne abbiano approfittato per acquistare un Rolex a L'Aquila e un Cartier a Firenze. Si erano premuniti di portarsi a seguito il necessario per la falsificazione degli assegni e dei documenti di identità». Per l’attività d’indagine i carabinieri si sono affidati prevalentemente a pedinamenti e interventi tecnici sugli ambienti che i truffatori frequentavano, pressoché impossibile è risultato procedere con le intercettazioni telefoniche perché, come ha spiegato Addonisio «per ogni truffa usavano una sim card e un telefono dedicati. Erano molto abili, cambiavano continuamente per non farsi rintracciare».
Quanto allo stile di vita, nonostante il denaro ottenuto dalla merce ricettata fosse cospicuo, si limitavano a pranzare e cenare sempre al ristorante e non truffavano mai in Valle Camonica, dove si recavano «solo per motivi familiari». Per il resto «erano sempre in centri commerciali e si presentavano alle vittime spacciandosi per medici, professionisti e veterinari».P.BUI.