«Troppi escursionisti sono vittime di scivolate»

di Fausto Camerini
Due alpinisti impegnati nella scalata di una cascata di neve e ghiaccio
Due alpinisti impegnati nella scalata di una cascata di neve e ghiaccio
Due alpinisti impegnati nella scalata di una cascata di neve e ghiaccio
Due alpinisti impegnati nella scalata di una cascata di neve e ghiaccio

L'incidente sul canalone «Giannatonj» al Cornone di Blumone ripropone una serie di interrogativi sulle ragioni dell'andare in montagna. E sul perché accadono incidenti. Un alpinista sa che ogni scalata è un rischio. E scalare una montagna in inverno è ancora più pericoloso. SENZA ALCUN DUBBIO il rischio è una parte importante di ciò che spinge gli uomini a salire sulle vette: la «conquista dell'inutile», per citare il libro di Lionel Terray che ha definito così l'alpinismo, in realtà così inutile non è. Inutile, forse, può apparire chi non ha mai provato la gioia del raggiungere la vetta d'una montagna e di avere il mondo ai piedi, sopra solo il cielo. Una gioia che si può provare anche salendo sulle nostre montagne, le montagne di casa. Una sfida con noi stessi; un mettere alla prova le nostre capacità. Ma anche la voglia di sentirsi svincolati da ogni costrizione: non a caso l'idea di alpinismo è da sempre associata all'idea di libertà. Il rischio va però conosciuto e gestito. L'incidente di domenica non ha per ora alcuna spiegazione certa. Le condizioni della neve, come sostiene Gino Baccanelli, gestore del Rifugio Tita Secchi, erano ottimali. Numerose cordate nei giorni precedenti avevano già salito quel canalone. Una scivolata accidentale? Un passo falso? Un ancoraggio che non ha tenuto? La sfortuna ci ha messo del suo: se ci fosse stata più neve alla base del canalone la caduta avrebbe avuto un impatto probabilmente meno traumatico. Michele Spada era un alpinista esperto con un discreto curriculum di ascensioni ma, come recitava un vecchio manuale del Club Alpino, l'unico sistema per evitare in modo certo i pericoli della montagna invernale è non andarci. «L'inverno è un momento molto delicato - sostiene Riccardo Dall’Ara, ex-vicedirettore della Scuola di Alpinismo Adamello del Cai - da non sottovalutare mai. Parlano da soli ad esempio i troppi interventi del soccorso per escursionisti che scivolano sui sentieri perché non hanno portato i ramponi da ghiaccio». «Certo questo non è il caso dell'incidente di domenica, ma quel canalone a volte tradisce. Io l'ho percorso qualche anno fa: relativamente facile all'inizio e alla fine, presenta nella parte centrale (dove tra l'altro sembra abbia avuto inizio la scivolata dei due milanesi) una strozzatura, ripida, che richiede una arrampicata molto tecnica e delicata anche su terreno misto, un po' roccia, un po' ghiaccio, un po' neve. In posti del genere - conclude Dall’Ara - basta poco: un appiglio che cede, una placca che si rompe, un chiodo di sicurezza che si sfila ed ecco che arriva l'incidente». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti