Un oro olimpico per il manager

Matteo Rivadossi
Matteo Rivadossi
Matteo Rivadossi
Matteo Rivadossi

Un oro olimpico se l’è portato a casa pure lui, quello della buona riuscita della sfida per cui il Coni lo aveva chiamato a Rio de Janeiro. Matteo Rivadossi, 34 anni compiuti nel bel mezzo della sua esperienza olimpica, è partito dalla sua Borno per ricoprire il ruolo di responsabile catering di «Casa Italia» ed i numeri gli hanno assegnato la vittoria.

«In sedici giorni di evento - racconta - abbiamo servito qualcosa come diecimila pasti. «Casa Italia» era il biglietto da visita della nostra nazione, da lì sono passate le delegazioni dei comitati olimpici internazionali, gli atleti da festeggiare, gli esponenti politici nazionali ed internazionali, gli italiani arrivati a Rio per seguire l’evento mondiale».

Così, dopo due anni con lo stesso ruolo agli Internazionali di tennis nella capitale, il suo curriculum si allunga ancora. «È stata un’esperienza straordinaria, ma solo ora comincio a realizzare cosa è successo davvero. Un percorso iniziato due anni fa con la collaborazione con il comitato olimpico che si è chiuso proprio con i Giochi». Il biglietto da visita dell’Italia era nelle sue mani e lui, grinta ed entusiasmo da vendere, non ha disatteso le aspettative di chi gli ha assegnato l’incarico, anche se il salto, dalla sua «Osteria al Cantinì» di Borno a Rio, è stato di quelli da record.

«All’inizio c’era tanta tensione perché le aspettative erano altissime, poi tanta adrenalina che si è infine tradotta in una felicità immensa quando il lavoro ha iniziato a dare i suoi frutti».

Matteo Rivadossi la sfida olimpica l’ha fatta sua da subito: a stretto giro si è trovato fianco a fianco con chef di caratura internazionale come Davide Oldani e Massimo Bottura. «Ho portato a Rio il mio modo di fare, la mia dedizione al lavoro - ammette - insieme alla mia voglia di centrare gli obiettivi, che erano quelli del team con cui ho lavorato».

Ma se a «Casa Italia» si è respirato anche un po’ di aria camuna, da oggi a Borno si respira un po’ di spirito carioca, «certo, l’ho portato con me, insieme al bagaglio lavorativo che ho maturato e la voglia di vivere che ti sa trasmettere il popolo brasiliano». In sintesi un’esperienza «unica, personale e professionale». In termini olimpici è sicuramente da podio, un’esperienza da mettere nell’album dei ricordi. C.VEN

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