La forestale a caccia
di illegalità e di orrori

È un po’ una galleria degli orrori e un po’ un quadro che conferma l’illegalità diffusa nel mondo venatorio bresciano. L’origine è la stessa: il bilancio delle ultime operazioni portate a termine dalla stazione di Vobarno del corpo forestale dello Stato. Un elenco che si apre con la visita avvenuta all’inizio del mese al domicilio di un capannista di Provaglio Valsabbia che nella frazione Arvenino «gestiva» due voliere in condizioni agghiaccianti. Dovevano essere la collocazione dei suoi richiami vivi usati per la caccia alla migratoria, ma le condizioni di detenzione erano illegali da diversi punti di vista. Innanzitutto due tordi bottacci erano identificati con anellini amovibili, e quindi di cattura illegale. Poi l’orrore: su sette merli presenti, cinque erano morti di fame e di sete sul fondo della voliera, e in più alcuni erano del tutto privi di anelli di riconoscimento, mentre gli anelli degli altri erano ancora una volta illegali perchè amovibili.

Gli animali erano morti di inedia perchè privati dell’ac- qua e del cibo da almeno 15 giorni, mentre mangiatoie e abbeveratoi erano piene di escrementi; così come complessivamente entrambe le voliere.

Sequestrati penalmente, i volatili sopravvissuti sono stati portati al Centro di recupero della fauna selvatica del Wwf di Valpredina (Bergamo), ma uno di loro era talmente malconcio che è morto durante il viaggio. E il proprietario? È stato denunciato per maltrattamento di animali e detenzione di richiami sprovvisti di anello identificativo inamovibile.

L’8 agosto i forestali vobarnesi hanno fatto un altro colpo, questa volta a Preseglie e sempre con protagonista un cacciatore. Dopo un altro controllo a domicilio, il denunciato è finito nei guai per il possesso di due lucherini, un frosone, un verdone e due passere scopaiole, tutti esemplari appartenenti a specie particolarmente protette dalla Convenzione di Berna e tutti privi di anello identificativo inamovibile. Sequestrati e subito liberati gli animali, gli agenti hanno «verbalizzato» il presegliese per detenzione illecita di avifauna particolarmente protetta.

L’ULTIMA operazione ha aperto un nuovo squarcio sull’ampio e articolato mondo dell’allevamento illegale di selvaggina. In questo caso niente cinghiali ma daini, che la legislazione fa comunque rientrare nell’elenco delle specie pericolose perché nella stagione riproduttiva i maschi, territoriali, diventano ingestibili se detenuti in spazi recintati.

Stavolta a rimediare una denuncia è stata una donna di Vobarno che in località Fucina Nuova ne allevava ben 19. pur non possedendo le autorizzazioni necessarie.

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