In principio era il mulino di Nuvolento, poi divenne un maglio. Quindi gli effetti del tempo, dei lunghi secoli d’abbandono trasformarono la struttura in un rudere. Infine oggi, grazie all’interesse e alla passione per la memoria storica di Gianfranco Cretti, è stata recuperata l’ex fucina del maglio. Ora quell’esperienza di recupero è diventata un libro, presentato nei giorni scorsi nella sede della Fondazione Civiltà Bresciana diretta da monsignor Antonio Fappani. Curata dalla stessa fondazione e da Cretti, la pubblicazione traccia la storia della struttura e ne indaga storicamente l’evoluzione, fino al suo recupero alla fruizione della comunità: sorto nel Medioevo come mulino, struttura che in ogni paese garantiva l’autonomia alimentare alla popolazione autoctona, esso sfruttava - sottolinea l’autore - la forza dell’acqua canalizzata dalle numerose seriole presenti sul territorio, create nel corso del tempo medievale specialmente dall’opera degli ordini religiosi monacali. Come è stato ricordato anche a Nuvolento le acque del Chiese e del Naviglio diedero origine ad almeno tre seriole: quella del mulino, quella detta della macina e la Gambarina, dove poi fu creata nel ‘900 la stazione della linea ferroviaria Rezzato- Vobarno e che ancora è visibile, purtroppo come rudere, dalla statale 45bis. E le derivazioni idriche minori sono un ricordo per i più anziani, i quali ricordano ancora oggi come tanti anni fa per andare in parrocchiale si dovesse attraversare un ponticello che scavalcava appunto un canaletto: un corso d’acqua artificiale creato per il filatoio Ridolo. Inoltre è stato ricordato, il lavoro svolto dal Comune per recuperare il vecchio mulino comunale, oggi biblioteca e sala civica. È stato quindi ricostruito il recupero del mulino-maglio inquadrandolo nel suo contesto storico: divenne maglio intorno alla fine del ‘500, quando l’agricoltura e le cave presenti massicciamente nella zona, necessitavano di attrezzi in ferro per coltivare le zolle, dissodare e per sbancare e frantumare le rocce. Nel 2004, ha spiegato Cretti, «l’edificio era in condizioni assai degradate, l’acquistammo e iniziammo a ripulirlo; poi ricostruimmo le parti sia del ruolo antico di mulino che del più recente di maglio». •