Livemmo danza al ritmo del Carnevale

di Massimo Pasinetti
La «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» per le strade di LivemmoLa maschera del doppioIl vecchio e la vecchia
La «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» per le strade di LivemmoLa maschera del doppioIl vecchio e la vecchia
La «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» per le strade di LivemmoLa maschera del doppioIl vecchio e la vecchia
La «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» per le strade di LivemmoLa maschera del doppioIl vecchio e la vecchia

Maschere e tradizioni millenarie. Riti antichi che si ripetono con cadenza annuale a ribadire l’unicità di un patrimonio culturale e folkloristico davvero prezioso. A Livemmo tutto è pronto per il Carnevale, secondo in Valsabbia solo a quello di Bagolino. Saranno come ogni anno la «Vecia del Val» e l’«Omasì del Zerlo» le maschere tipiche di questa singolare celebrazione pagana che prevede balli fino allo sfinimento. I figuranti del Gruppo Folkloristico di Pertica Alta, sostenuti dal Comune nell’organizzazione della festa, scenderanno in strada alle 14.30 di domani pomeriggio, con le maschere calate sui volti per le tradizionali «matulade» (gli scherzi tipici del Carnevale) che sono l’espressione più autentica dei sentimenti dionisiaci e popolari. LE MASCHERE. La «Vecia del Val» trasporta il maschio nel grosso cesto usato per setacciare l’orzo, a simboleggiare il pesante giogo imposto dal marito e il ribaltamento delle gerarchie tipico del Carnevale. L’«Omasì del Zerlo» è invece il «malghés» che trasporta il contadino nel gerlo, il cesto usato per il letame: nella scala sociale l’agricoltore era un gradino più in alto dell’allevatore, che aveva bisogno del suo fieno. C’è poi il «Doppio» o uomo bifronte, simbolo dello smarrimento dei contadini negli anni Sessanta, durante il boom economico: ha viso e vestiti uguali davanti e dietro e indossa gli «sgalber» (gli zoccoli chiusi) in modo che quando cammina non si capisca in che direzione si muove. In ognuna delle tre maschere ecco spuntare due teste, quattro gambe e quattro braccia, ma l’attore è uno solo. Le altre maschere in piazza saranno il diavolo, il parroco, le irriverenti suore, la strega, il dottore, l’«Osela-dur» (con in gabbia un pennuto senza ali), l’asino vero che corre, gli arzilli vecchietti che ballano per i vicoli e le strade chiusi al traffico. E un gioco di scialli, panciotti, camicette di pizzo, mutandoni, mantelli e foulard, abiti tipici del contadino. Infine il rumore degli zoccoli che battono e del «chigamàt» (zufolo di budello di maiale) che suona. Durante il Carnevale saranno rievocati gli antichi mestieri (boscaiolo, mandriano, falegname, impagliatore, filatrici, fornaio, maniscalco, ciabattino e lavandaie) e troveranno spazio i prodotti del territorio, oltre alle frittelle e al vin brulè per tutti. Le scatenate danze in piazza dureranno un paio d’ore, poi il delirio poco alla volta andrà calando. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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