Profughi, inizia l’era «Sprar»

Il municipio di Serle
Il municipio di Serle
Il municipio di Serle
Il municipio di Serle

In decisa controtendenza rispetto a gran parte delle amministrazioni comunali del resto della Valsabbia, dalle quali è arrivato un «no» tutto politico alle pressioni del Governo e delle sue emanazioni locali, Serle ha fatto una scelta «laica» sul tema dei richiedenti asilo, e attraverso il sindaco Paolo Bonvicini ha annunciato l’adesione dell’ente allo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che vedrà la gestione diretta dell’ente pubblico.

In questi giorni scadono i termini proposti alle realtà del terzo settore interessate a presentare in municipio la propria disponibilità a collaborare con il Comune per l’attuazione della campagna, mentre la fase operativa serlese dello Sprar scatterà ufficialmente dal prossimo anno: sull’Altopiano arriveranno 10 rifugiati, e anche alla luce di trasferimenti e nuovi arrivi il numero rimarrà invariato fino alla fine del 2020.

L’attivazione del nuovo corso all’insegna della collaborazione, ma anche della garanzia, porterà alla chiusura del Centro di accoglienza straordinaria di via Panoramica oggi gestito dall’ente privato Società Medica, una srl. «Abbiamo aderito allo Sprar perché prevede un coinvolgimento diretto dell’ente locale, in particolare nell’aspetto di controllo e di rendicontazione economica dei fondi ministeriali destinati allo stesso - spiega il sindaco Bonvicini -. Oltre a questo, l’amministrazione comunale avrà la garanzia che la Prefettura non invierà nel nostro territorio ulteriori rifugiati oltre a quelli previsti dalla quota di ripartizione del 2,5% ogni mille abitanti. Alla luce di questa norma, nel nostro caso il numero massimo di richiedenti asilo accoglibili è appunto di 10 persone».

I PROFUGHI in quota Serle potrebbero essere ospitati in due edifici di proprietà comunale, a casa Boifava (vicino alla piazza) oppure a villa Brivio. Si tratta in entrambi i casi di stabili da ristrutturare e che potranno essere sistemati proprio grazie a parte del contributo ministeriale previsto per l’attuazione del progetto. «Finiti i tre anni dello Sprar - conclude Bonvicini - l’amministrazione che verrà potrà decidere di riutilizzare gli immobili per un nuovo progetto di accoglienza, oppure di usarli per altri fini; per esempio come alloggi popolari, centri culturali o altro ancora». AL.GAT.

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