Chiude il caseificio comunale
È un rebus il futuro del «Dop»

di Edmondo Bertussi
Il caseificio di Pezzaze: futuro incerto per la struttura
Il caseificio di Pezzaze: futuro incerto per la struttura
Il caseificio di Pezzaze: futuro incerto per la struttura
Il caseificio di Pezzaze: futuro incerto per la struttura

La cooperativa «La Caldera» di Tavernole ha cessato l’attività. E con lei il caseificio comunale di Pezzaze. Una pessima notizia per l’Alta Valle Trompia, terra del Dop come indica un cartello che si incontra sulla ex Statale 345.

LA COOPERATIVA era tra i soci fondatori del Consorzio di tutela del Nostrano. Aveva iniziato la sua attività a settembre del 2013 riaprendo il caseificio comunale di Pezzaze, che in pratica non era mai decollato. Racconta Ivano Porteri, uno dei soci: «C’era un piano industriale e grande entusiasmo quando abbiamo iniziato: avevamo avuto promettenti contatti, tra gli altri, con gli Odolini dei supermercati e grossi operatori come Ambrosi. Ma poi, per una serie di problemi legati al prezzo e alle quantità, il mercato non ci ha dato soddisfazione. Siamo entrati nel Consorzio Dop, ma tra gli allevatori non abbiamo trovato nessuno disponibile agli investimenti in stalla per adeguarla al suo severo disciplinare che regola tutta la filiera della produzione. Di fronte a spese fisse alle quali non corrispondeva adeguata vendita delle formagelle, abbiamo chiuso».

Silvio Zanini, stagionatore a San Colombano, commenta con amarezza: «Gli allevatori che come a Pezzaze si abituano a consegnare il latte al caseificio, molto difficilmente tornano a fare i produttori in stalla». Poi allarga il discorso alla stagionatura, momento cruciale e decisivo con impegno giornaliero, che per il Nostrano Valtrompia richiede almeno un anno: «Non si può chiedere al malgaro di occuparsi anche di quella con tutte le regole previste: ha già fatto tanto adeguando la stalla». In sintesi: bisogna guardare al futuro per dare gambe e forza al Dop e in generale a tutta la produzione di formaggio di malga. Se si vuole che altri giovani, come gli attuali componenti del Consorzio di tutela, si impegnino in prima persona in una produzione quantitativamente adeguata e soddisfacente (le forme l’anno scorso sono state tutte collocate). Insomma: bisogna puntare su un impianto consortile di stagionatura di adeguate dimensioni.

Nel 2012 c’era stato un progetto di stagionatura in una delle tante miniere dell’Alta Valle, coi suoi grandi spazi e la temperatura costante. Ora è inserito nelle proposte per 6,6 milioni del Gal Valtrompia alla Regione, incaricata di distribuire i fondi europei del piano di sviluppo regionale. Si attende con ansia la risposta da Milano, ricordando però che sarà necessaria una quota di cofinanziamento del Consorzio.

Suggerimenti