Creatività nata
sull’acqua. Christo
conquista Brescia

di Cinzia Reboni
Il sindaco Emilio Del Bono, il fotografo ufficiale Wolfgang Volz, il curatore Germano Celant e Christo
Il sindaco Emilio Del Bono, il fotografo ufficiale Wolfgang Volz, il curatore Germano Celant e Christo
Santa Giulia, inaugurazione della mostra di Christo (FOTOLIVE)

Si «salpa» da Dockside Packages e Stacked Oil Barrels - il disegno che illustra il progetto al porto di Colonia del 1961, prima collaborazione artistica tra Christo e Jeanne-Claude - e si approda a The Floating Piers, la passerella che per 16 giorni, dal 18 giugno al 3 luglio, consentirà di «camminare» sulle acque del lago d’Iseo. Nel mezzo un arcipelago di isole di creatività da solcare lungo 2000 metri quadrati, attraverso 150 opere tra bozzetti, disegni, collage, plastici, fotografie e video. Un «concentrato» di cinquant’anni di lavoro - e di vita - di una coppia che fino al 2009, anno della morte di Jeanne-Claude, ha condiviso tutto. E che oggi rappresenta l’omaggio ad una musa invisibile che continua a vivere nelle performance dell’artista bulgaro.

«Water Projects», che aprirà i battenti al pubblico stamattina al museo di Santa Giulia, è di fatto una cronologia delle opere monumentali realizzate dai primi anni Sessanta ad oggi e riunisce per la prima volta anche i 7 progetti legati all’elemento acqua, caratterizzati dunque dalla presenza di mare o lago, oceano o fiume. Sono testimonianze di grande impatto, che mostrano come le «visioni» dei due artisti nascono, crescono, vivono e trasformano temporaneamente il territorio. Disegni e bozzetti provengono quasi tutti dalla collezione privata di Christo: «Quando eravamo giovani - osserva - nessun gallerista era interessato ai nostri lavori. Il risultato è che io e Jeanne-Claude siamo i più grandi collezionisti delle nostre opere».

Una mostra, quella in Santa Giulia, che va oltre il «tecnicismo» dei disegni e dei progetti, e colpisce al cuore. La grandiosità di queste opere imponenti e visionarie per un attimo fa viaggiare la fantasia verso le coste della California o dell’Australia, sotto gli «Umbrellas» giapponesi, sperduti nell’oceano della Florida o in Central Park a New York.

Il viaggio continua, scandito da alcune frasi-guida che danno ancor più senso al percorso. «Non ho pensato “questo è l’uomo della mia vita”. Era povero, aveva un accento buffo e tutto in lui era sbagliato», «racconta» Jeanne-Claude nella prima sala. E si continua, tra alberi e monumenti «rivestiti» («Impacchettavo ogni oggetto disponibile»), le rocce di Rhode Island e della baia di Sydney fasciate da chilometri di tessuto («Non pianifichiamo mai l’impossibile. Può sembrare irrealizzabile ad alcuni, ma noi siamo molto realisti»), la stoffa che finisce per perdersi nell’oceano della California («Il progetto è più del solo tessuto. Include l’oceano, la costa, il cielo, il vento e le persone») e approda sulle undici isolette di Miami («Queste sono le mie ninfee di Monet»).

E POI IL PLASTICO del Pont Neuf di Parigi avvolto da un drappo dalle sfumature champagne, quel colore «che è stata un’assoluta sorpresa, come quelle cuciture luminose in corrispondenza degli archi», e i grandi pannelli del progetto (ancora in corso) «Over the River» sull’Arkansas, in Colorado, «Un fiume di tessuto sopra il fiume». Fino all’ultima sala, quella dedicata a The Floating Piers. Al centro l’enorme plastico: la superficie «increspata» dalle curve di livello, da una parte Montisola e dall’altra Sulzano, collegate da una striscia dorata. Alle pareti i disegni e i bozzetti dell’opera, ma anche una sezione dei cubi di polipropilene utilizzati per costruire la passerella, il tessuto, gli ancoraggi, le funi. E una frase che è l’essenza stessa di tutta l’opera: «La cosa meravigliosa è che da una passeggiata in una strada pedonale, all’improvviso si camminerà sull’acqua. É un progetto molto sensuale, sexy, fortemente connesso alla dimensione tattile». Christo e Jeanne-Claude, nell’ultimo pannello, di spalle, camminano verso il futuro.

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