Massacrò fidanzata, condannato a 20 anni

di Mario Pari
Per la morte di Simona Simonini sono stati inflitti 20 anni di carcere
Per la morte di Simona Simonini sono stati inflitti 20 anni di carcere
Per la morte di Simona Simonini sono stati inflitti 20 anni di carcere
Per la morte di Simona Simonini sono stati inflitti 20 anni di carcere

Non sarà carcere a vita, come aveva chiesto l’accusa. Elio Cadei è stato condannato a 20 anni di reclusione per l’omicidio, a calci e pugni, della convivente Simona Simonini. Il delitto, avvenuto a Zurane di Provaglio d’Iseo, risale al 17 novembre 2015 e Simona Simonini venne uccisa a calci e pugni. Nel processo celebrato con rito abbreviato davanti al giudice Elena Stefana hanno evidentemente avuto un peso determinante le attenuanti generiche che sono state concesse a Cadei. Grazie ad esse la pena è scesa dall’ergastolo a 30 anni e quindi a 20 per effetto dello sconto previsto dal rito abbreviato.

TUTTO SULLA SENTENZA sarà, come sempre, più chiaro quando verranno depositate le motivazioni. Al momento una possibilità da prendere in considerazione è quella che le attenuanti siano state concesse per le condizioni psichiche in cui si trovava Cadei al momento del delitto. Dagli accertamenti è emerso che l’imputato beveva e assumeva sostanze di vario tipo in grado di condizionarne i comportamenti. La difesa, rappresentata dall’avvocato Gianfranco Abate aveva chiesto proprio per questo le attenuanti generiche o la seminfermità. Ma la perizia disposta dal giudice e affidata al perito Sergio Luca Monchieri aveva stabilito, in merito alle sostanze e all’alcol, che: «l’assunzione è avvenuta in forma spontanea, libera, in piena consapevolezza di eventuali rischi e conseguenze derivanti dallo stato d’intossicazione. Pertanto sebbene al momento dei fatti contestati» l’imputato «potesse trovarsi in stato d’intossicazione da sostanze multiple, è da ritenersi in pieno possesso sia della capacità sia d’intendere che di volere». A conclusioni diverse era giunto il consulente della difesa, Giuseppe Rossi che parlava di una situazione con «difficoltà, a volte impossibilità, ad esercitare un controllo adeguato sulla propria impulsività con facile passaggio all’atto senza un’adeguata mentalizzazione compromettendo così, non tanto la capacità d’intendere, quanto quella di volere intesa come capacità di liberamente e ponderatamente indirizzare le proprie azioni».

È QUINDI POSSIBILE che il giudice abbia considerato determinanti queste ultime considerazioni e dal punto di vista difensivo si sia rivelata determinate la scelta di un processo con rito abbreviato condizionato a perizia e consulenza. Cadei ha sempre detto di non ricordare cosa fosse successo quella notte, ma il corpo della vittima era completamente segnato dai lividi provocati da calci e pugni. Fu proprio Cadei per altro, a chiedere aiuto, ma per la convivente non c’era più nulla da fare. Ieri per quella morte si è arrivati a una condanna a 20 anni di carcere.

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