LO STUDIO

Adamello, ghiacciaio in agonia: il 2070 sarà l'anno della scomparsa

di Claudia Venturelli
I primi risultati dei carotaggi per il progetto ClimAda con l’università Bicocca. A causa dello scioglimento più recente già perso l’ultimo trentennio: nei primi strati trovate le tracce dell’uranio proveniente da Chernobyl

Il ghiacciaio dell'Adamello ha una memoria lunga, ma ce l’avrà ancora per poco se è vero, come prevedono gli esperti, che entro il 2070 la bianca distesa ai piedi della più alta montagna camuna non esisterà più. Un triste epilogo per il ghiacciaio che oggi conserva i fatti più significativi della storia recente: lo dimostrano le prime analisi condotte dall’università Bicocca di Milano presso l'EuroCold Lab sulla «carota» di ghiaccio estratta nel 2021 dal progetto ClimAda.

Lo studio 

Uno studio lungo e complesso (finanziato da Fondazione Cariplo) dal quale emerge che sono andati persi, a causa dello scioglimento, gli ultimi 33 anni di vita del ghiacciaio. Per il momento sono stati misurati tre punti importanti: «Dalle rilevazioni fatte - spiega Lino Zani, coordinatore del progetto - abbiamo le prime segnalazioni nel 1988. Come lo sappiamo? Abbiamo trovato subito tracce di uranio proveniente dallo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl del 1986. Poi più a fondo c’è stata un’altra anomalia data dalla fibra ottica, di temperatura e di spostamento.

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Tracce della Prima guerra mondiale 

A 60 metri infatti invece si torna alla prima Guerra Mondiale, per un livello scuso spesso una decina di centimetri: abbiamo trovato una serie di segnali, addirittura delle sostanze organiche lasciate da animali che probabilmente attraversavano il ghiacciaio». Si stanno poi considerando anche i materiali che costituivano i proiettili e le armi che venivano usati dalle due controparti, nel tentativo di riconoscerne la presenza in loco. Si procede infatti a una risoluzione centimetrica (i carotaggi sono lunghi 70 centimetri ciascuna per un totale di 230 metri e vengono sezionate in piccoli dischi): nel ghiaccio, oltre a una notevole quantità di polveri, sono preservati resti di polline di piante che crescevano a valle del ghiacciaio, carboni, spore di funghi e alghe.

Il prossimo carotaggio è previsto la prossima primavera

Ma se vale già molto in termini di studio il primo carotaggio, varrà ancora di più quello previsto nella primavera del 2024 quando gli esperti si sposteranno poco più a monte dell’area già analizzata, per andare ancora più in profondità, «dove c’è la parte più profonda e per questo, risultando molto compressa e complessa». Intanto «siamo anche riusciti a scoprire che sotto il ghiaccio non c’è acqua né roccia ma detrito morenico di una trentina di metri e vorremmo recuperare parte di questa morena perché vuol dire che migliaia di anni fa lì non c’era ghiacciaio. Ed è un dato importante perché ci dice che quelli che viviamo sono cicli che si susseguono». L’obiettivo a questo punto è provare a ricostruire, attraverso i 230 metri di ghiaccio già prelevato, l’evoluzione climatica degli ultimi secoli e l’impatto dell’uomo negli habitat di alta quota.

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