C’è un filo fatto di domande, una continuità di dilemmi irrisolti che fin dal principio dell’arte tortura e al tempo stesso ispira l’uomo nel segno che sta lasciando su questa Terra. Con la Carta della terra, nel 2000, siamo riusciti a darci una parziale risposta: non siamo possessori, proprietari della natura, ne siamo ospiti per sua ignara gentilezza. Lungo questo filo, Lucilla Giagnoni sta percorrendo parte della sua carriera di attrice e autrice tra televisione e teatro; un percorso che, ieri e lunedì, ha fatto tappa a Brescia con due repliche per il quarto appuntamento della rassegna «D’estate al Chiostro», organizzata dal Ctb. CON «TERRA. Una carta dei diritti», il teatro fonde arte e riflessione affondando le radici nella tragedia greca, per rendere l’idea della continuità con cui la speculazione sul rapporto uomo-natura permea lo sviluppo delle espressioni artistiche e le sue ricadute antropiche. L’uomo che si ribella alla natura (Edipo) e la donna che si ribella all’ordine costituito (Antigone) sono entrambi colpevoli di hybris e vanno incontro a un destino tragico, mentre l’uomo che si riconcilia con la natura e ne riconosce i caratteri di madre intoccabile e venerabile (San Francesco) sembra riportare l’ordine con cui il ciclo della vita prosegue in modo silenzioso e immutabile. Sulle orme di questi tre personaggi, per mezzo di una recitazione intensa, capace per lunghi tratti di essere solenne ma anche di cedere all’informalità, Giagnoni medita (e invita il pubblico a fare altrettanto) sul concetto di una società giusta, che sappia sostenere al contempo la libertà individuale e soprattutto il rapporto con la madre-natura senza diventarne carnefice. In 60 minuti di spettacolo Giagnoni espone quello che appare come un manifesto artistico-politico: intenso e accattivante grazie alle sincere convinzioni che muovono l’attrice, decisa ad aprire lo sguardo sul mondo, nel senso di avere attenzione per tutto ciò che è vivo. • © RIPRODUZIONE RISERVATA