«IL PESO DEL TEMPO SOSPESO»

di Elia Zupelli
I bresciani che passano dal Quadriportico di piazza Vittoria trovano una sorpresa FOTOLIVE/Christian Penocchio
I bresciani che passano dal Quadriportico di piazza Vittoria trovano una sorpresa FOTOLIVE/Christian Penocchio
I bresciani che passano dal Quadriportico di piazza Vittoria trovano una sorpresa FOTOLIVE/Christian Penocchio
I bresciani che passano dal Quadriportico di piazza Vittoria trovano una sorpresa FOTOLIVE/Christian Penocchio

Nonostante la zona rossa sarà un Natale bestiale. Mastodontico. Gigantesco e animalesco. Nulla di proibito però, solo il passepartout dell’arte contemporanea più acuta e impattante che irrompe nel cuore della città pervasa di mascherine e regali dell’ultim’ora come da tradizione inscalfita. It’s evolution, baby! IERI POMERIGGIO sotto al Quadriportico di piazza Vittoria erano tutti con gli occhi all’insù, bambini, anziani, influencer, passanti occasionali e cultori della materia: feticcio di attenzioni strabilianti e generalizzate, il monumentale rinoceronte di Stefano Bombardieri (titolo dell’opera: «Il peso del tempo sospeso»), che da una manciata di ore osserva tutti dall’alto con occhio languido, appeso decontestualizzato e smarrito nel suo imponente fardello di carne e tessuti scolpiti in vetroresina. Lì, guardingo e con punto d’osservazione privilegiata, agganciato a tiranti convergenti per sostenerne l’aggraziato quintale e mezzo, fluttuante in zona limbica a circa 3 metri di altezza rispetto a quella terra che temporaneamente non gli appartiene, il tenero bestione scruterà le dinamiche della città sottostante per i prossimi due anni: l’installazione «a libero godimento pubblico», finanziata da privati con il patrocinio del Comune di Brescia, è infatti l’ultimo, emblematico ed enigmatico atto della profonda riqualificazione operata appunto al Quadriportico della Vittoria, iniziata con la ristrutturazione e con la rifunzionalizzazione degli spazi abbandonati dell’ex Camera di Commercio proseguita con il restauro della piazzetta antistante e portata a compimento proprio attraverso la collocazione dell’opera dell’artista bresciano, classe 1968 e stile inconfondibile, fra i più quotati a livello internazionale. C’È UN RINOCERONTE lassù: da dove arriva? Cosa lo aspetta? Che ne sarà di lui e che ne sarà di noi? A saperlo... Il lavoro di Bombardieri non contempla risposte ma suggerisce domande, innescate dai maxi volumi di animali dalla presenza realistica, con dettagli accuratamente riprodotti, plasticamente perfetti e al tempo stesso onirici, surreali, a tratti inquietanti, metafora di una ricerca che in realtà è antropocentrica e focalizzata attorno all’uomo e alla sua complessità, «in particolare a come egli reagisce di fronte agli eventi, più o meno inattesi, che mettono in discussione il suo desiderato ma precario equilibrio». E quindi: il tempo e la sua percezione, l’esperienza del dolore, il senso dell'esistenza. Ispirato interprete del dialogo tra opera e spazio urbano, Bombardieri parte dalla realtà tangibile per approdare a mondi interiori e universi fantastici. Concetti di cui il rinoceronte che alloggia a mezz’aria in pieno centro storico fra echi di Dürer è prototipo e manifestazione, nonché alter ego di colui che l’ha creato e plasmato quasi una ventina d’anni fa. Bombardieri è stato turbato e affascinato dalla bizzarra visione di una sequenza del film «E la nave va» di Federico Fellini, in cui un rinoceronte malato viene legato da cinture e issato su un piroscafo transatlantico diretto in America. L’esito è lì da vedere: «Il peso del tempo sospeso» parla di una condizione umana, di uno stato d’animo e come ha sottolineato lo stesso Bombardieri – «appare estremamente attuale, soprattutto in questo periodo dove l’emergenza Covid suscita un sentimento di sospensione e incertezza…Il rinoceronte siamo noi in questo momento: sospesi, imbragati e bloccati, ma pronti a riappoggiare i piedi sul terreno». •

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