Il “talebano” dei vini naturali che ha litigato con tutte le guide

«Ma di cosa stiamo parlando…». È il suo tormentone sui social, che ripete ogni volta che inciampa in una bottiglia unica (di vino naturale ovviamente) o in un cibo stratosferico, di quelli che ricerca con ossessione, come un Indiana Jones moderno, tra i piccoli giacimenti sconosciuti in Italia o all’estero. Sia un formaggio Jersey Blue svizzero o un Bitto stagionato dieci anni, piuttosto che un taglio di carne dry aged 180 giorni o un taglio di wagyu giapponese. Per lui non fa differenza, purché si tratti di un prodotto di altissima qualità e, da qualche anno, naturale, senza aggiunta di “chimica” e nato nel rispetto dell’ambiente. Lui, il tormentone del vino naturale sui social l’ha lanciato quando ancora non era di moda e per questo, ha perso anche più di qualche cliente. «Pazienza - sorride - non si vive soltanto per guadagnare, ma anche per godere». CHI È Lui è Michele Bontempi, il talebano dei vini naturali, 36 anni, titolare dal 1999, assieme al papà Roberto, di un ristorante delizioso a San Felice sul Benaco (sembra di entrare in un elegante bistrot francese), La Dispensa, dove mette in atto tutte le sue teorie estreme: 1000 etichette, solo di vini naturali («ho perso più di qualche cliente per questo, anche tedeschi in Porsche per capirci, ma ne ho presi altri, sicuramente più simpatici», sorride ancora). Ecco, ormai l’avrete capito, Michele Bontempi non le manda a dire, quello che pensa viene filtrato poco (come i suoi vini) ed esce dritto dalla bocca e anche qui qualche problemino se l’è creato, ma lui va dritto per la sua strada. LA “GUERRA” ALLE GUIDE L’altra particolarità, che l’ha reso una sorta di mosca bianca nel settore della ristorazione, è quella di aver smesso, qualche anno fa, di offrire le cene ai giornalisti ed agli ispettori delle guide («Era diventato un capitolo del nostro budget insostenibile, e poi mi ero stancato, non lo trovavo corretto, se vuoi venire a mangiare da me paghi, io la carne e il pesce li pago anche 100 euro al chilogrammo, poi scrivi quello che vuoi, anche nulla»). E così La Dispensa, nonostante a nostro avviso sia un ottimo ristorante, con una carta vini unica a livello nazionale, materie prime di altissimo livello, cucinate e servite con professionalità, non è presente nella guida Michelin, non è presente con una recensione nella guida de L’Espresso, mentre lo è sul Gambero Rosso. Insomma, due delle tre principali guide italiane hanno scelto di non recensire uno dei migliori ristoranti di Brescia. Degustibus. GUAI A CRITICARE «Con un approccio del genere - spiega Bontempi - è impossibile andare d’accordo con gli ispettori delle guide, se non offri la cena a chi ti fa capire che lo gradirebbe (non tutti per carità), o anche solo ti permetti di dissentire rispetto ad una recensione, sei tagliato fuori, penalizzato. A me almeno è successo così. Io non sono amico degli ispettori, non vedo perché dovrei esserlo, sino ad un certo punto della mia vita professionale li ho rispettati, poi ho avuto esperienze con presunti esperti che non riconoscevano una mazzancolla da uno scampo. Una volta ha prenotato un ispettore di una guida importante, si è qualificato, ha mangiato tutto e aperto una bottiglia costosa, conto finale 450 euro, è andato alla cassa, ha salutato e se n’è andato. Sono un signore, non l’ho bloccato, ma è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». I VINI NATURALI «Venti anni fa mangiavo, bevevo e vendevo solo prodotti di marca, brand riconoscibili, ma non ero consapevole di quello che facevo, seguivo le mode, poi sono cresciuto, con curiosità e senza preconcetti e mi sono avvicinato al mondo dei vini naturali e dei cibi di massima qualità, non industriali, freschi, stagionali e rispettosi dell’ambiente. Non sono più tornato indietro, mi si è aperto un mondo tridimensionale, rispetto ad uno piatto in bianco e nero. Mi sono detto: comunque non fa bene e allora perché devo bere un vino con la chimica invece di un vino senza aggiunte, un vino naturale?». I SOCIAL E i social hanno fatto il resto: «Beh, certo, Instagram mi ha regalato una notorità (Bontempi ha oltre 21mila follower, che di per sé non sono tantissimi, ma sono una comunità profilata di appassionati che lo seguono per quello che predica e consiglia sul mondo del vino naturale e dei cibi rispettosi dell’ambiente) io racconto la mia vita professionale tutti i santi giorni, le bottiglie che bevo, i ristoranti dove vado a mangiare i produttori che visito, è un lavoro anche questo. Non sponsorizzo nulla, non prendo un euro per le storie che pubblico, solo mi piace educare la gente, perché se si impara a mangiare e bere sano e buono, non si torna più indietro». LA COMUNITÀ In questo modo si fidelizzano i clienti: «Si certo non ha mai detto di fare beneficenza, si crea una comunità che ti segue. L’iniziativa che funziona di più sono le mistery box, il cliente mi da un budget di spesa e m i dice se vuole rosso, bianco o bollicine, al resto penso io, non mi è mai tornato indietro un vino, la gente si fida perché sa che non faccio marchette». Qual’è stata la chiave del tuo successo sui social: «Che sono me stesso, senza filtri o trucchetti. Non seguo una sceneggiatura, mi puoi vedere un po’ brillo, posso dire una parolaccia, e posso pure prendermi qualche querela, non mi spaventa, io dico la verità, anche quella scomoda a volte». Il vino naturale però costa di più: «Non sempre è vero, a volte costa persino meno, però certo chi produce naturale si assume rischi maggiori in vigna e anche in cantina, è più facile che ci sia un lotto di bottiglie con un problema, si tratta di vini senza chimica, non filtrati, vivi insomma, in costante evoluzione, qualche imprevisto può accadere».

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