L’Impero fermò la sua modernità

di Maria Vittoria Adami
La copertina del libro di Antonino De Francesco edito da Neri Pozza
La copertina del libro di Antonino De Francesco edito da Neri Pozza
La copertina del libro di Antonino De Francesco edito da Neri Pozza
La copertina del libro di Antonino De Francesco edito da Neri Pozza

La sua storia finì lì in mezzo all’Atlantico, in un angolo dell’isola di Sant’Elena che gli era particolarmente caro, lungo un piccolo tratto scosceso bagnato da una fonte dove era solito sostare nelle sue passeggiate. Mirto e violette crebbero sulla sua tomba avvolgendo quell’esistenza giunta al termine che avrebbe alimentato un mito fin da subito tuttora pulsante nelle migliaia di pagine che su di lui sono state scritte. Fu vera gloria? La domanda resta aperta perché dell’avventuriero arrivista, tiranno e traditore - in parte - degli ideali della rivoluzione portati dai suoi soldati in punta di baionetta verso un’egemonia imperiale, ma anche del padre dell’identità della Francia moderna che aveva risvegliato l’Europa a suon di idee di uguaglianza e giustizia e con tribunali, scuole, licei, università e amministrazione centralizzata, gli storici hanno tracciato diversi ritratti fino alla campagna della Vallonia, il 18 giugno del 1815 quando si scolpì nella storia, a Waterloo, la sua sconfitta contro gli eserciti guidati dall’inglese duca di Wellington e dal feldmaresciallo prussiano Gebhard Leberecht von Blücher, preludio dell’esilio a Sant’Elena. A duecento anni dalla morte dell’uom fatale, alle tante biografie si aggiunge quella dello storico Antonino De Francesco che per Neri Pozza pubblica Il naufrago e il dominatore. Vita politica di Napoleone Bonaparte (pp.236, 18 euro). Docente di Storia Moderna all’università di Milano e specialista dell’età delle rivoluzioni, De Francesco offre però una nuova ricostruzione della vita di Napoleone partendo dal giovane e controverso ufficiale còrso. Non a caso, ripercorrendo le tappe della sua vita pubblica l’autore lo chiama con il suo cognome, Buonaparte, finché non è il protagonista stesso, nel 1796, alla vigilia delle operazioni militari in Italia, a decidere di firmarsi Bonaparte. «Dietro il rigore filologico, il ricorso al cognome riflette la mia personale predilezione per gli anni che precedono l’Impero», ammette De Francesco. «Quando si snodò, sempre a mio avviso (ma sono molti, anzi i più a pensarla ben decisamente), la parte più importante e più significativa della vicenda storica e politica di Napoleone». L’Impero diventa allora l’epoca del ritorno indietro rispetto alla strada della modernità, una perdita delle proporzioni, «il prodotto stavolta però posticcio e mal riuscito, della proverbiale capacità di Bonaparte di tenere assieme le posizioni più disparate, per non dire contrapposte», continua lo storico secondo il quale l’Impero come sorta di fusione e superamento dell’istituto monarchico e di quello repubblicano è sì di gran fascino, ma «nel concreto della vita politica francese costituì una drammatica battuta d’arresto di un processo che aveva, invece, visto gli anni del Consolato ancora in linea con la tradizione rivoluzionaria». Eccolo allora, Napoleone secondo De Francesco. Un patriota còrso che inanella fallimenti tra il 1769 e il 1793 e che si fa soldato della Repubblica (1793-1799) per poi divenire il padre della Grande Patria (1799-1804) fino all’eclissi del 1815 quando dopo la sconfitta di Waterloo la parabola prende la via calante del «tristo esiglio» a Sant’Elena sul quale cala il sipario il 5 maggio 1821. De Francesco propone un racconto non meno affascinante su come il giovane ufficiale venuto dalla Corsica sia diventato Napoleone portando al centro di questa biografia la complessità dei fattori che lo guidarono e ne condizionarono le scelte. Lo stato di continua tensione tra poli opposti interiori lo indussero spesso ad azioni contraddittorie perché in lui convissero l’ardente patriota animato dai sogni di indipendenza della sua isola, il fervente sostenitore dei valori dell’età dei Lumi, della rivoluzione e della repubblica, il politico ossessionato dalla legittimazione tramite il consenso popolare e dalla conciliazione di tutte le parti sociali. E il conquistatore coloniale che ingaggia guerre contro i popoli «barbari» e l’inauguratore di una dinastia imperiale quando la storia, e il passato rivoluzionario della Francia, avrebbero suggerito ben altro. Ma la parabola tracciata su Napoleone induce anche a una riflessione su temi attuali come le radici profonde dell’identità europea e l’influenza sulla società della propaganda fino a suggerire un’analisi sull’oculata gestione dell’immagine pubblica con meccanismi e distorsioni di quell’ideale rapporto diretto che una guida carismatica vorrebbe instaurare con il suo popolo, mai come oggi orchestrata a suon di social network. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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