LA RIVINCITA DI ODISSEO

di Giulio Galetto
La copertina del volume di Daniel Mendelsohn
La copertina del volume di Daniel Mendelsohn
La copertina del volume di Daniel Mendelsohn
La copertina del volume di Daniel Mendelsohn

Siamo in molti a ripetere, convinti, che nei grandi testi dell’antica letteratura greca e latina troviamo specchi vivissimi delle più importanti verità del nostro attuale essere uomini, scavi profondi e insostituibili nelle nostre tensioni, sofferenze, attese, memorie, sconfitte. Ma forse non ci era mai capitato di trovare così limpidamente e direttamente esplicitata tale convinzione come in questo libro dello scrittore e classicista americano Daniel Mendelsohn: «Un’Odissea – Un padre, un figlio e un’epopea» (ottimamente tradotto ora in italiano da Norman Gobetti per Einaudi, pp. 314, 20 euro), che fonde con mirabile armonia le caratteristiche di almeno tre generi: il saggio letterario, l’autobiografia, il romanzo. Il punto di partenza è dato da un’occasione reale dell’attività di docente dell’autore: un seminario sull’Odissea tenuto settimanalmente alle matricole diciottenni del Bard College di New York. E subito quell’evento esce dal binario di una semplice routine didattica, perché il padre del docente, l’ottantunenne Jay Mendelsohn, ex insegnante di matematica, chiede al figlio di partecipare al suo seminario. Il figlio acconsente e, se veniamo informati che il vecchio Jay, carattere burbero, cresciuto nel Bronx negli anni della guerra, con nella memoria ciò che dei poemi omerici apprese al tempo dei suoi studi umanistici non completati, è prevenuto contro la figura di Odisseo che secondo lui non può essere un eroe (specialista in raggiri, tradisce la moglie con Circe e con Calipso), comprendiamo subito che le lezioni di Daniel, alle prese con i suoi giovanissimi studenti, diventeranno anche, e soprattutto, confronto col padre in un complesso incontro-scontro tra generazioni con inattesi rispecchiamenti, propiziati dall’intelligente metodo maieutico che Daniel impiega nella sua filologica lettura delle figure di Odisseo, di suo figlio Telemaco, di suo padre Laerte. Di più: poiché il seminario si completerà con la partecipazione del gruppo di studenti e dei due Mendelsohn padre e figlio ad una crociera nel Mediterraneo che dovrebbe ripercorrere i luoghi del decennale viaggio di ritorno di Odisseo da Troia a Itaca, quasi un doppio reale del viaggio metaforico compiuto durante il seminario leggendo il poema omerico e cercandone interpretazioni non prefabbricate e non slegate dalla personale sensibilità di ciascuno, chi affronta questo libro si trova assicurato, a sua volta, un metaforico viaggio altrettanto non prefabbricato e personalmente coinvolgente. Ci sono quei ragazzi, maschi e femmine, poco più che adolescenti, che assistono, riflettendo anche su se stessi, ai riverberi che dalle antiche storie di guerre, di viaggi, di amori, di morte, di ritorni, di riconoscimenti di cui si sostanzia l’epopea di Odisseo arrivano a toccare loro e, ancor più, questo padre e questo figlio ed anche la memoria del rapporto fra il padre e suo padre. Sono riverberi che fanno cadere muri di incomprensione, di malintese estraneità, lasciando intravedere delicate e profonde triangolazioni suggerite fra personaggi di carta (Telemaco, Odisseo, Laerte) e persone in carne e ossa (i Mendelsohn figlio, padre, nonno). E poiché la storia di Mendelsohn padre è legata strettamente alla figura della moglie, alla apparente differenza dei due caratteri ma in realtà a un’intesa segreta profonda, nell’ultima parte del libro verrà in primo piano la figura della madre di Daniel: il rispecchiamento qui viene naturalmente dalla figura di Penelope. Se è vero che Mendelsohn riesce ad essere contemporaneamente saggista non aridamente erudito e romanziere avvincente, ci si deve allora soffermare un attimo sul significato del termine «homofrosyne», traducibile approssimativamente come «comunanza di pensiero». E’ «homofrosyne» quella che unisce Odisseo e Penelope nell’esclusivo segreto del loro letto inamovibile dalla camera nuziale perché costruito su un tronco d’ulivo radicato nella terra, segreto che è un segno di qualcosa di profondo fino ad essere indicibile come quel segreto stesso. Ebbene, la vicenda del padre che, dopo l’esperienza di quel seminario-viaggio nelle pieghe più segrete del poema omerico, si avvierà alla conclusione della sua vita, riuscirà a far comprendere al figlio la verità della parola poetica antica testimoniata dall’amore segreto dei genitori, segreto e vero oltre ogni apparente durezza o incomprensione. Come quello di Odisseo e di Penelope. •

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