Naturalezza fantastica con le rime e pure senza

di Alessandra Tonizzo
La raccolta di «Mesticanza» è pubblicato per le insegne di RP libriAnime da (ri)pescare per Steno Boni (al secolo Stefano Pazzaglia)
La raccolta di «Mesticanza» è pubblicato per le insegne di RP libriAnime da (ri)pescare per Steno Boni (al secolo Stefano Pazzaglia)
La raccolta di «Mesticanza» è pubblicato per le insegne di RP libriAnime da (ri)pescare per Steno Boni (al secolo Stefano Pazzaglia)
La raccolta di «Mesticanza» è pubblicato per le insegne di RP libriAnime da (ri)pescare per Steno Boni (al secolo Stefano Pazzaglia)

Tagliano siepi d’alloro. Forsennate le ferite spandono odore d’autunno ed è quasi estate, c’è un cielo così alto nei margini da somigliare alla Groenlandia da poter sognare: «Vorrei stare lì/ per un tempo lungo/ con gli Inuit/a parlare di mirabolanti battute di pesca/e orsi/e leoni marini/e balene/e guardare i tramonti che non tramontano/e i soli che non sorgono». Si chiama Stefano Pazzaglia, Steno Boni. È autore – franciacortino, classe ’62 – di questa «Mesticanza» (RP libri) con e senza rime. «Scrivo disperato/tra un tagliolino/e un brasato», frega la carta, diverte. Non pervengono sfide, leggendo. Tanta naturalezza, contrastata dall’abrasione mentale su temi-tasti che pigia-pigia… ecco. Anche la lacrima, ricordando il genitore («quando è morto/aveva i capelli/come i miei ora»), altri vorrei («rivedere/mio padre/e tuo padre/e i loro occhi/stanchi e felici»), muri a secco autentici sbrecciati spontanei come glicine a grappoli spessi. LA SENSIBILITÀ cetacea di Boni lo porta a guardare le bestie nella rete dal di fuori, per urlargli contro: «Non credete a chi vi dice che son tutti uguali/vivaddio siamo tutti diversi!/Non credete a chi dice di non fidarvi degli altri/ gli altri siete voi». Poi, stremato, si accoccola sul fondale dove il sole fa ombra, «stanco di chi/ha bisogno di eroi/perché ha un deserto dentro», col suo pensiero ferito – «Ho da gridare cose/ma non ho voce,/solo un debole lamento/dolente». Non piange non attende squali. Fantastica, l’autore, l’isola abitata da Rodari Ungaretti Fo, dai dettagli-sineddoche del suo passato al sapone d’Aleppo, «quel tempo che non c’è più/ quell’amore che non c’è stato/ quelli che hanno dubbi». Fustigante e familiare pesca in biancoenero, ami spuntati grazie ai quali si mangia insieme, qui, mentre Lui accende «la fiamma/a scaldare pensieri quieti,/parole pacate/ attendendo/nuovi giorni arruffati». Un attimo e. La salvia alterna le carni, torna la stagione delle foglie a terra, estetica pigrizia – «un quadro del Canaletto/una domenica passata a letto». Ed è quasi estate, c’è un cielo così. •

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