il festival

Sanremo, 40 anni fa il successo di Vasco e non solo

di Luigi Fertonani
Il 3 febbraio 1983 la prima volta di «Vita spericolata». E poi, il capolavoro dei Matia Bazar, l'inno di Toto Cutugno e il brano vincente così simile a Ufficiale e Gentiluomo
Vasco Rossi la sera in cui presentò «Vita spericolata» a Sanremo
Vasco Rossi la sera in cui presentò «Vita spericolata» a Sanremo
Vasco Rossi la sera in cui presentò «Vita spericolata» a Sanremo
Vasco Rossi la sera in cui presentò «Vita spericolata» a Sanremo

Quarant’anni oggi. Vasco Rossi che, alla fine della sua «Vita spericolata», esce dal palcoscenico di Sanremo gettando a terra il microfono. Ma è solo una delle tante leggende accumulate negli anni, una fake news come diremmo oggi: era il 1983 e i microfoni erano ancora legati con un robusto cavo alle piantane, l’era del «microfono libero» era ancora di là da venire. Però la favoletta piacque moltissimo e del resto è perfettamente in tono con la delusione degli appassionati - allora non tantissimi se non fra i giovani - del ragazzo di Zocca, che videro la sua canzone arrivare non ultima (un’altra imprecisione) ma comunque penultima su ben 26 classificate, prima soltanto di «Cieli azzurri» cantata da Pupo.

Dopo non aver strapazzato il microfono Vasco esce dal Palazzo del Casinò di Sanremo e va a dormire nella roulotte che ha parcheggiato sulla spiaggia, visto che ha rifiutato l’albergo. Quella del 1983 è un’edizione del Festival che, al di là delle incomprensioni – «Vita spericolata» si prenderà di lì a poco una formidabile rivincita nella vendita dei dischi - colleziona un numero quasi miracoloso di brani destinati a durare.

La canzone vincitrice è quella cantata da Tiziana Rivale con «Sarà quel che sarà», melodicissima, che darà però origine a polemiche non poi così immotivate vista la palese somiglianza, per essere benevoli, col ritornello di quella «Up where we belong» cantata da Joe Cocker e Jennifer Warnes nella colonna sonora del film «Ufficiale e gentiluomo» dell’anno prima. Molto bene anche la seconda classificata, con l’esuberante Donatella Milani in «Volevo dirti» nella quale c’è lo zampino nella musica da parte di Zucchero Fornaciari che finirà, in quella stessa edizione del Festival… al ventesimo posto con «Nuvola», preceduto da un’altra sua canzone, «Stiamo insieme», interpretata da Richard Sanderson.

La vera sorpresa sono le altre, bellissime canzoni distanziate rispetto al primo posto di Tiziana Rivale: stiamo parlando anzitutto di «Vacanze romane”» che con i Matia Bazar non raggiunge che il quarto posto; quinto «L’italiano» di Toto Cutugno col suo affresco di vita quotidiana, mentre «La mia nemica amatissima» con Gianni Morandi finisce all’ottavo posto. E poi, oltre alle canzoni, uno spettacolo che voleva essere in grande stile ma che in vari dettagli non lo fu: non per colpa dell’eterno Daniele Piombi, affiancato dalla figlia di Nino Manfredi, Roberta, e dalle due ottime vallette Emanuela Falcetti e Anna Pettinelli; la terza presentatrice, Isabel Russinova, incappò però in tante papere che venne ribattezzata… «Paperova»! Molto meglio un presentatore, altra novità al maschile del Festival, che sfrutta in pieno le sue doti di attore: Andrea Giordana, volto televisivo diventato famoso per la sua interpretazione di Edmond Dantès ne «Il Conte di Montecristo».

Poteva mancare un guastafeste? C’era, nei panni del giornalista Nantas Salvalaggio che se la prese con Fra’ Cionfoli, interprete di «Shalom» (undicesimo posto), mettendone in dubbio la vocazione religiosa e guadagnandosi una bella querela al pretore di Sanremo, Michele Russo. Salvalaggio comunque ha sempre avuto il dono di rendersi simpatico: l’anno prima aveva accarezzato Vasco Rossi, in gara con «Vado al massimo», con l’affettuoso appellativo di «orrido allo stato brado». Nientemeno!•

 

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