Un premio per «Le cose da salvare»

ROMA L’intenso e coinvolgente romanzo «Le cose da salvare» di Ilaria Rossetti (Neri Pozza, pp. 2020 - 17 euro) ha vinto la sesta edizione del Premio Letterario Città di Lugnano, al termine della votazione della giuria di esperti e della giuria popolare che, da parte sua, ha indicato come prescelto «Nel mare c’è la sete» di Erica Mou (Fandango, pp. 2020 - 16 euro), mentre per la sezione racconti inediti, dedicati quest’anno al tema ’Il giocò, il vincitore è stato Marco Bindi, toscano di Arezzo, con «All-in». Ilaria Rossetti, lodigiana, classe 1987, ha già una breve ma significativa carriera alle spalle, iniziata nel 2007 con la vittoria al Premio Campiello Giovani e poi la pubblicazione di due libri e ora quest’ultimo che, prima del Premio Lugnano, è stato pubblicato vincendo il Neri Pozza. In questo «Le cose da salvare» c’è il crollo reale di un grande ponte in una città di mare (l’allusione evidente è a Genova, anche se mai nominata) e ci sono le sue macerie, che lasciano lutti e ferite nell’anima di chi lo ha vissuto. Macerie che diventano metaforiche, con un valore esistenziale, per tutti i cedimenti, i fallimenti, le separazioni e le perdite che contrassegnano la vita di ognuno e il mondo d’oggi. Il romanzo narra l’incontro tra una giovane giornalista e un anziano professore che si rifiuta di andarsene dal suo appartamento sotto lo spezzone rotto del ponte, e, partendo dalla cronaca, diventa poetico ed esemplare nella comprensione di sé e dell’altro, nella scelta impossibile delle cose da salvare, materiali e immateriali, da un luogo che racchiude oggetti e sentimenti di una vita intera. Così la riflessione finale della giovane è: «Cammino in via dei Bastioni e lo so, di nuovo: c’era troppa fretta di salvarsi: Non avevamo capito, ancora, il senso del restare». Il tutto espresso dalla Rossetti con una scrittura ricca, intensa, con sprazzi poetici tra riflessioni e concretezza, tra un pensiero che «si liquefa e corre per le scale dell’appartamento e si insinua sotto le porte» o «in una matrimonio la felicità è un animale in fuga da un predatore, occorre praticare un esercizio quotidiano per riuscire a scorgerla», e una fiducia nelle parole «che pronunciano le cose e le fanno davvero esistere». La giuria di esperti che ha selezionato i finalisti e vota per il vincitore è presieduta da Paolo Petroni e composta da Daniela Carmosino, Annagrazia Martino, Giorgio Nisini, Giorgio Patrizi, Carlo Zanframundo e Sacha Naspini (vincitore dell’edizione precedente), mentre la giuria popolare, che interviene solo nel voto finale, è stata coordinata da Benedetta Tintillini. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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