«Vincere è stupendo» quando il lavoro nobilita

di Alessandra Tonizzo
Fabrizio Belleri: bresciano, 46 anni, dirigente nel ramo assicurativo
Fabrizio Belleri: bresciano, 46 anni, dirigente nel ramo assicurativo
Fabrizio Belleri: bresciano, 46 anni, dirigente nel ramo assicurativo
Fabrizio Belleri: bresciano, 46 anni, dirigente nel ramo assicurativo

L'abito non fa il monaco. Ma con la kasaya ci si sente decisamente più Shaolin. Fabrizio Belleri - bresciano, 46 anni, dirigente nel ramo assicurativo - crede al ritornello «vestito buono, sorrisi e strette di mano»; la divisa del ben-essere, indossata dopo misurata dose di caffè d'orzo, lo porta ogni mattina nel punto esatto in cui vuol stare: sul pulpito non-pulpito a esclamare «Vincere è stupendo» (MarcoSerraTarantolaEditore). Il suo vademecum svolge lungo dieci comandamenti. La mira è riuscire, avere successo, insomma cantar vittoria, in campo professionale - alla base, la convinzione (non così popular) che il lavoro nobiliti oltre che abiliti. La differenza, rispetto a tanta manualistica di fritto-misto-coaching, accasa nel divieto di trucchetti o facili slogan: «A volte basta veramente solo aprire gli occhi e smettere di dormire, per fare ciò che si desidera». Vàghen fòra, direbbero rusticamente i nostri nonni. Verbigratia «spìcciati, disimpantànati, vaccene fuori»; antidoti al lamento costante, a quel «sì, però» che l'autore mette bene a fuoco tramite esempi tangibilissimi. Lui comincia con un profano quanto scrupoloso «vestiti, lavati, mangia», poiché al mattino scaldare i motori rappresenterebbe la norma («Siamo la macchina da gara più bella e sofisticata che esista al mondo»). Poi, è il caso di fissare obiettivi credibili: «Le cose impossibili non sono da perseguire. Basta fare le cose che portano a risultati sorprendenti». Ci sono i tristi, i felici e gli incazzati. Coloro i quali dici «tempo» e corrono su 3B, invece di farsi un'agenda. Quelli che il futuro è un furto dalle tinte marronee, uguale alle loro aspettative. Fabrizio Belleri ha visto un'ampia gamma di pantoni, e sceglie di esercitare l'adrenalina sana - un rischio, un pianto, del rumbling motivazionale -, salutando la chimica interiore come i morituri con Cesare. I motti mordaci («Andarci vicino conta solo a bocce», «Ci hanno fregati da piccoli quando ci hanno detto di colorare senza uscire dai margini») rendono vispa la lettura. La quale, in nuce, aiuta a ridurre la «nebbia in casa», le scuse, le sovrastrutture, ciò che Giacobbe denominò psicoanaliticamente «seghe mentali». «Ricordo, più di tutte, due cose stupende che la vita mi ha regalato - scrive -: essere sopravvissuto ad un tumore, ed avere un lavoro stupendo che mi permette oggi di realizzare i miei desideri più divertenti». Ecco: divertirsi. Un po' meno stile Mr Enjoy, un po' più modello Zuckerberg. Tenendosi lontani dai «dissuasori» umani e dalla routine ciclostilata («Puoi andare in ufficio tutte le volte che vuoi facendo le stesse identiche cose di sempre, apparentemente ti sentiresti protetto»), ha luogo un cambiamento simile al bodhi buddhista, una nuova esistenza, leale, sorridente, consapevole. Si può vivere, volendo, a pa' e salàm, a patto che questo non stia sugli occhi. Nessun menù va giudicato, nessun guru interpellato: sta al singolo, alle sue maniche rimboccate. L'esortazione di Belleri è una parabola moderna con l'interpunzione gassata di whazzup: udite-udite: «Io vi dico che la fatica è una cosa super figa! Staccatevi dai santoni della vita e scendete a camminare per strada! Parte tutto da lì, credetemi!».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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