IL CASO

Timken, cresce la rabbia «Scelta sconvolgente»

di Marta Giansanti
I lavoratori della Timken sono in presidio  dal 19 luglio scorso
I lavoratori della Timken sono in presidio dal 19 luglio scorso
I lavoratori della Timken sono in presidio  dal 19 luglio scorso
I lavoratori della Timken sono in presidio dal 19 luglio scorso

Una rabbia condivisa, una delusione diffusa: i 105 lavoratori della Timken (cuscinetti) di Villa Carcina non intendono arrendersi a un epilogo inaspettato. «Perché, è vero, le aziende possono chiudere se non riescono più a stare a galla e a far tornare i conti. Ma - attaccano i dipendenti, confermando quanto evidenziato da sempre dal sindacato - la Timken non è in crisi, l’intenzione è solo quella di delocalizzare la produzione in Romania, in un sito “fotocopia” ma più all’avanguardia perché aperto circa 5 anni fa». Un «no» alla chiusura della fabbrica valtrumplina che trova riscontro nell’incessante presidio, iniziato il 19 luglio scorso il giorno in cui l’azienda (che fa riferimento a una multinazionale americana) ha ufficializzato la decisione di fermare l’attività in Valle. «Resteremo qui finché potremo - conferma Marcella Conti, in azienda dal 2003 come operatrice del laboratorio metallurgico -: la nostra presenza ci permette di continuare a intravedere uno spiraglio di luce in una vicenda che può essere sintetizzata in una sola parola: sconvolgente». Ma anche «imprevista e inadeguata per i tempi e i modi scelti dalla proprietà». È stata «una doccia fredda, è accaduto tutto in un lampo - aggiunge Daniele Assoni, operaio manutentore, in fabbrica da 17 anni -: il lavoro andava bene, non è mai mancato. Per questo, l’improvvisa decisione ci ha letteralmente scioccato. Ma deludenti sono soprattutto le modalità adottate per la comunicazione, siamo stati considerati non più persone ma solo dei numeri. La Timken è elogiata sul territorio per quanto di buono ha saputo fare nel sociale, ma quando avrebbe dovuto farlo nei nostri confronti si è tirata indietro». Una delusione che trova altri riscontri. «Ci siamo sempre impegnati al massimo, nonostante siano passate più direzioni abbiamo sempre messo al centro il lavoro e il bene dell’azienda. Ora, però - rimarca Andrea Gasparini, da 33 anni in forza alla Timken -, vorremmo che i vertici si comportassero nello stesso modo. Quello adottato è il comportamento umanamente più sbagliato, è la cosa che fa più male. Dobbiamo ringraziare il sindacato per il sostegno quotidiano e prezioso. Non siamo gli ultimi arrivati e se dovesse andar male sapremo rimboccarci le maniche, farci forza e andare avanti come abbiamo sempre fatto». Nessuna novità, nel frattempo, dall’incontro di ieri tra i vertici della Fiom di Brescia e le Rsu con il direttore dello stabilimento Francesco Contolini e i due consulenti del lavoro, nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo aperta dalla società. La proprietà ha confermato lo stop dello stabilimento bresciano e la disponibilità a discutere il ricorso a un anno di Cigs per cessata attività. «Come sindacato abbiamo ribadito la necessità di rivedere la decisione della chiusura totale della fabbrica e proposto di gestire la difficile situazione con il ricorso agli ammortizzatori sociali ordinari, in particolare allo strumento del contratto di solidarietà per il quale l’azienda ha a disposizione ancora trenta mesi. Inoltre, abbiamo sottolineato ancora una volta che la proposta di Cassa integrazione straordinaria è inaccettabile».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Suggerimenti