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Ogm, Confagricoltura rilancia «Non ci sono rischi per la salute»

di Claudio Andrizzi
LA CONFERENZA. A «Brixia Expo» obiettivo dell'Upa sugli organismi geneticamente modificati nel settore primario
Martinoni: «In Italia segnali di un nuovo atteggiamento Purtroppo manca il coraggio di fare scelte precise» In 15 anni di divieti persi 7,5 miliardi di euro di reddito
Da sinistra Francesco Martinoni, leader Upa, e Antonio Michele Stanca
Da sinistra Francesco Martinoni, leader Upa, e Antonio Michele Stanca
Da sinistra Francesco Martinoni, leader Upa, e Antonio Michele Stanca
Da sinistra Francesco Martinoni, leader Upa, e Antonio Michele Stanca

La mancata adozione degli Ogm in agricoltura provoca al comparto italiano una perdita di reddito stimabile in 500 milioni di euro annui. Quota che, moltiplicata per i quindici anni di «bando» cui gli organismi geneticamente modificati sono stati sottoposti, porta alla stratosferica cifra di 7,5 miliardi di euro. SONO SOLO alcuni dei dati ufficializzati dall'Unione provinciale agricoltori (Upa) di Brescia durante la conferenza dedicata alle biotecnologie vegetali, organizzata a «Brixia Expo». Un appuntamento utile all'organizzazione agricola di via Creta per riaccendere i riflettori su un tema che, da sempre, è tra i cavalli di battaglia della piattaforma sindacale di Confagricoltura, nell'auspicio che l'ormai prossima tornata elettorale possa riaprire un dibattito ormai da anni fermo al palo. Speranza, quest'ultima, suffragata dagli incoraggianti risultati dell'indagine Ispo presentati da Renato Mannheimer, intervenuto al dibattito in video conferenza. «Più o meno la metà degli italiani sa con precisione il significato della sigla Ogm e oltre il 42% è consapevole del fatto che i geni sono contenuti in tutte le piante - ha spiegato il sondaggista -. Il 55%, inoltre, dichiara di aver avuto informazioni frequenti, soprattutto dalla tv: ma il livello di conoscenza della normativa italiana è a dir poco lacunoso. Eppure ben il 52% dei consumatori si dichiara interessato ad acquistare prodotti provenienti da materie prime Ogm». UN QUADRO incoraggiante, dunque, nel quale il presidente dell'Upa, Francesco Martinoni, «intravede i segnali di un nuovo atteggiamento in materia», cui fa da contraltare la chiusura ancora totale delle istituzioni. «Mentre l'81% della soia e il 30% del mais prodotti nel mondo sono Ogm, in Italia siamo ancora al punto di partenza - ha detto -. Purtroppo non c'è il coraggio di fare scelte precise, domina la demagogia. Basta ricordare che da noi ne è permesso l'utilizzo per l'alimentazione, sia umana che animale, mentre si continua a vietarne la coltivazione senza alcun motivo: non sono stati provati rischi per la salute e per l'ambiente». I vantaggi di un'intelligente applicazione della genomica in agricoltura sono rimarcati dal professor, Antonio Michele Stanca, ricercatore e leader di Unasa, l'Unione delle accademie per le scienze agrarie. «Il clima di oscurantismo che si è creato nel Paese è vergognoso - ha spiegato -. Lo studio della struttura dei genomi vegetali ha avviato un processo di ricerca inarrestabile, non solo per l'aumento delle produzioni agricole, ma anche per il miglioramento qualitativo. Tutto questo sarà sempre più fondamentale per rispondere a emergenze globali, come l'aumento della popolazione». NEL 2050 - come evidenziato - si dovranno sfamare nove miliardi di individui, ma già ora un miliardo di persone è cronicamente malnutrito. Le conoscenze derivate dall'approccio genomico «consentiranno di utilizzare le piante anche come fonti di energia rinnovabile», ha aggiunto Stanca. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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