L’editoriale

Alleanza sull’industria del futuro

di Antonio Troise

Non era affatto scontato che nell’agenda del G7 tornasse, di forza, il tema dell’industria. E non era per nulla semplice individuare una linea e strategia comune fra i Paesi più sviluppati per affrontare sfide e problemi destinati a cambiare in profondità il sistema economico a livello globale. Invece, quello che è andato in scena ieri a Verona, nel cuore della locomotiva produttiva del Nord-Est, può rappresentare sicuramente un punto di svolta. Giudizio esagerato? Per niente. Per almeno due motivi. Il primo: dopo sette lunghissimi anni, infatti, la presidenza italiana del G7 e, in particolare, il responsabile del dicastero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sono riusciti a far sedere attorno ad uno stesso tavolo i ministri dell’Industria dei Paesi più sviluppati al mondo. Ma non solo. Il summit italiano è stato organizzato in un momento molto complesso sullo scacchiere geopolitico, con una sessantina di conflitti sparsi un po’ dovunque nel mondo, Europa compresa, mentre le economie mondiali sono scosse da rivoluzioni digitali e tecnologiche che stanno cambiando radicalmente il volto dei nostri sistemi produttivi.

Non a caso, nella prima riunione ministeriale dell'anno italiano di presidenza del G7, Urso ha voluto insistere su temi fondamentali, dai microchip ai semiconduttori, dall'intelligenza artificiale alle nuove frontiere del digitale. Settori dove la competizione sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più agguerrita e dove giganti come la Cina possono conquistare spazi e quote di mercato entrando di forza anche nei paesi Europei. Da qui l'importanza di strategie comuni ma a di ricette in grado di mettere insieme e far dialogare, come ha spiegato Urso ai suoi colleghi del G7, lo sviluppo e la sostenibilità, la crescita dei Paesi più ricchi e quelli più poveri, a partire dall'Africa e da quel piano Mattei che è in grado anche di dare risposte al grande problema dei flussi migratori. Obiettivi che si possono raggiungere solo se i Sette Paesi più grandi riescono a fare fronte comune e a parlare con una sola lingua evitando, così, il rischio di essere "colonizzati" o di essere dipendenti da componenti (come i semiconduttori) o da tecnologie fondamentali "per l'economia digitale, la sicurezza economica e la resilienza". La sfida dell'industria, del resto, è decisiva anche per garantire ai Paesi Occidentali di garantire e se possibile aumentare l'attuale livello di benessere e di welfare, che può essere messo a dura prova proprio dall'assenza di una politica industriale che sappia guardare al futuro e mettere in campo le risorse necessarie per competere con gli altri Paesi del mondo. Da Verona, città scelta non a caso per il rinato vertice del G7 dell'industria, può partire insomma un percorso virtuoso in grado di far tornare la manifattura al centro delle politiche per lo sviluppo. Aver aperto un confronto ai più alti livelli su questo tema rappresenta già un cambio di passo per recuperare il terreno perduto.

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