L’editoriale

Armi a Kiev Europa a un bivio

di Antonio Troise

Ora tocca all’Europa. Il via libera degli Stati Uniti al nuovo pacchetto di aiuti da 61 miliardi a favore di Kiev fa cadere ogni velo di ipocrisia. Fino a ieri i Paesi dell’Ue potevano sempre scaricare sulla latitanza dell’alleato americano un eventuale sconfitta sul fronte dell’Ucraina. Gli alibi sono finiti. E oggi, alla riunione del cosidetto «jumbo» - il Consiglio Esteri eDifesa del Lussemburgo – i partner dell’Unione dovranno decidere se e in che modo sostenere l’arsenale di Zelensky, ormai in evidente sofferenza a causa dell’intensificarsi degli attacchi di Mosca. Mancano soprattutto i costosissimi, ma essenziali, sistemi anti-missili Patriot, dislocati un po’ dovunque nel Vecchio Continente. Sulla carta sarebbe semplice spostarli in Ucraina e poi rimpiazzarli con quelli di nuova produzione. In realtà nessun Paese Europeo vuole rinunciare a questa formidabile arma di difesa anti- missilistica. Sopratutto dopo la valanga di missili partiti dall’Iran e che Israele è riuscita a neutralizzare proprio grazie ai Patriot. Il dossier, per la verità, è tutto nelle mani dei singoli Stati, che hanno ovviamente l’ultima parola sul tema della difesa dei confini nazionali. Ma sarà difficile che, dal vertice di oggi, possa arrivare ad un’intesa complessiva che dia risposte durature alle richieste che arrivano da Kiev.Il problema è sempre lo stesso. Nonostante le parole bellicose pronunciate dal presidente francese, Macron e da quella della commissione europea, Von del Leyen, l'Unione Europea è del tutto impreparata ad affrontare un conflitto. Non a caso, fino ad oggi, gli aiuti a Kiev sono arrivati sotto forma di sostegni finanziari prima ancora che militari. A riempire gli arsenali dell'Ucraina ci ha pensato, soprattutto, l'alleato americano. Non è detto che la storia continua sempre nella stessa direzione. È vero che un paio di giorni fa la Camera americana è riuscita a vincere le resistenze di Trump. Ma a fine anno bisognerà fare i conti con l'incognita delle elezioni e un'eventuale vittoria del leader repubblicano potrebbe scaricare sull'Europa l'intero peso della resistenza di Kiev. Senza contare il fatto che sono sempre più gli americani convinti che, tutto sommato, Putin sia più un problema dell'Ue che degli Usa. È venuto insomma il momento che l'Europa faccia le sua scelte, in maniera netta e realistica. E le faccia sulla base delle sue capacità e delle valutazioni politiche di tutti gli Stati membri. Senza fughe in avanti a colpi di proclami belligeranti ma neanche senza restare inerte con un silenzio assordante. Gli ultimi bollettini che arrivano da Kiev e le mosse di Putin rendono più urgenti le scelte sulla creazione di una difesa e di un esercito comune, magari cominciando anche a ragionare su come razionalizzare l'industria del settore. È vero che, come ha spiegato l'amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, si tratta di un processo difficile. Ma è anche l'unica strada per dare all'Europa il ruolo che le spetta per imporre le ragioni della pace su quelle della guerra.

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