ESAME IN EUROPA

Conti promossi ma avviso all'Italia

di Ernesto Auci

Nessuno vuole mettere in difficoltà il Governo Draghi che per mantenere un equilibrio nel bilancio pubblico, deve combattere ogni giorno contro partiti e sindacati che, dimentichi della recente crisi sanitaria e economica, si sono lanciati nel consueto assalto alla diligenza. E tuttavia la Commissione Europea, così come la Banca d’Italia non ha potuto fare a meno di notare che l’aumento della spesa pubblica corrente (cioè quella per stipendi e bonus) è piuttosto pesante per un Paese che ha un elevato debito pubblico. Il Commissario europeo Gentiloni si è detto convinto che Draghi è ben consapevole del problema, tanto che nei prossimi anni agirà con maggiore decisione per favorire la «buona» spesa pubblica, quella per investimenti, a scapito di quella cattiva, dovuta cioè ai regali che peraltro non danno nemmeno una grande spinta alla crescita. Insomma per Bruxelles l’Italia sta attraversando un momento economico particolarmente favorevole. Peraltro il nostro Governo si è distinto per la determinazione con la quale ha affrontato la diffusione del virus. Proprio ieri il Consiglio dei Ministri ha varato il super Green pass che tende proprio ad evitare nuove chiusure generalizzate e quindi a non bloccare nuovamente l’economia. Questa volta nelle indicazioni della Ue non si fanno cifre perché i vecchi parametri sono stati sospesi durante il Covid, e si attendono per il prossimo anno nuovi indicatori. E tuttavia sembra di capire che gli sgravi fiscali e i bonus con particolare riguardo a quello per l'edilizia, sono dei sorvegliati speciali. È vero che la ripresa economica, come ha detto il ministro Franco potrebbe arrivare al 6,3-6,4% e di conseguenza il peso del nostro debito pubblico potrebbe scendere vicino, o sotto il 150% del PIL. E tuttavia questo bengodi non deve portare ad un rilassamento dell'attenzione verso il livello eccezionalmente elevato del nostro debito pubblico. Il rischio infatti è che il forte rialzo dell'inflazione possa indurre la BCE a ridurre il sostegno all'economia limitando gli acquisti di titoli pubblici e facendo così aumentare i tassi d'interesse. Una cosa che metterebbe in difficoltà i Paesi più indebitati, come l'Italia. Non si tratta di un pericolo imminente, mentre sarebbe opportuno che il Governo e i partiti politici che lo sostengono (con sempre maggiore riluttanza), valutassero con maggiore attenzione gli effetti sulla prosecuzione dello sviluppo di tante misure di spesa corrente, come la riduzione delle tasse e i bonus. In particolare è stato rilevato che quelli sull'edilizia che sono così elevati da aver creato un forte incentivo ad aumentare a dismisura l'importo degli interventi. Si calcola che questo abbia comportato un maggior costo per lo Stato di circa un miliardo.Per quel che riguarda le tasse, è giusto ritenere che l'Italia abbia urgente bisogno di riordinare il proprio sistema fiscale che pesa troppo sul lavoro e quindi penalizza la crescita. E tuttavia non è detto che si debba fare tutto subito, visto che oggi il problema centrale è quello di puntare sugli investimenti e sulla formazione per facilitare l'accesso al lavoro di tanti giovani e donne che per il momento sono ai margini. In definitiva anche da Bruxelles viene un richiamo al buon senso e alla prudenza. Gli squilibri che per oltre vent'anni hanno condannato il Paese alla stagnazione, non sono ancora stati superati. Occorre concentrare l'attenzione sulle riforme e sugli investimenti. Il che significa offrire ai cittadini non tanto nuovi regali o forti sgravi fiscali, ma nuovi posti di lavoro e maggiori redditi.

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