LA MANOVRA

Crescita del Paese. I conti di Draghi

di Ernesto Auci

Il tentativo nella manovra economica varata dal governo è stato quello di ridurre le risorse ai sostegni e alle spese di tipo assistenziale, per concentrarle sugli investimenti e sul finanziamento delle riforme, in modo da assicurare un innalzamento del potenziale di crescita nel medio periodo. Questo è quello che Draghi e i ministri hanno cercato di fare e, «per quanto possibile» ci sono andati abbastanza vicini. È un discorso complesso tanto che un giornalista tedesco alla fine della conferenza stampa ha chiesto in maniera brutale: ma dove sono le riforme che devono convincere l’Europa ha darci i soldi promessi con il Recovery? Draghi non si è scomposto. Ha risposto che il rapido ritorno delle pensioni verso la normalità e cioè verso un sistema interamente contributivo che ne assicura la sostenibilità nel tempo, avverrà con maggiore rapidità rispetto a quanto si poteva immaginare; che i primi passi della riforma fiscale, e tutte le altre norme approvate nei mesi scorsi, dovrebbero rassicurare sia Bruxelles sia i mercati sulla ferma volontà del nostro paese di lasciarsi alle spalle un ventennio di bassa crescita e di sprechi di denaro pubblico. D’altra parte Draghi ha voluto ribadire con forza che i nostri problemi relativi all’enorme debito pubblico e al basso tasso di occupazione, si possono risolvere solo con la crescita e che quindi è in quella direzione che bisogna puntare, anche rinunciando per il momento a regali tipo quota 100 o a bonus edilizi eccessivi, o il cashback che verrà abolito. Il quadro generale è chiaro: in questo momento la nostra crescita è robusta, tanto che si registrano delle strozzature che portano ad aumenti dei prezzi o a carenze di prodotto. Compito del governo è mantenere questa spinta allo sviluppo più a lungo possibile. Il ministro Franco ha sottolineato che le scelte di bilancio dovrebbero incrementare per il prossimo anno il tasso di crescita del Pil di circa mezzo punto facendolo salire dal 4,2% previsto al4,7%. Questo è l'effetto di una manovra che ha raggiunto i 30 miliardi rispetto ai 23-24 di cui si parlava nei giorni scorsi. Gli investimenti aumenteranno: quelli pubblici anche per effetto dei soldi che verranno dalla UE, quelli privati grazie al buon andamento della domanda interna ( sostenuta dal taglio delle tasse) e al sostegno del Governo sugli investimenti e sulla ricerca.Le intenzioni sono buone, ma non tutto è chiaro. Circa le pensioni si è deciso solo di fare quota 102 per un anno e poi tornare al contributivo. Ma questo può essere compatibile con varie modalità di uscita dal lavoro. Nelle prossime settimane si discuterà con partiti e parti sociali di quale sistema scegliere. Lo stesso discorso vale per la riduzione fiscale che sarà di 8 miliardi la cui ripartizione tra Irpef, Irap, cuneo fiscale e contributivo, è tutta la decidere. Ma il governo non potrà limitarsi e tenere ferma la cifra e poi lasciar fare al Parlamento, anche perché gli effetti economici delle varie imposte sono molto diversi. Draghi ha affermato che nei prossimi tre anni la riduzione delle imposte sarà di 40 miliardi di cui 22 per l'abolizione dell'Irap. Ma siamo poi così sicuri che in un momento di buona espansione economica le imprese hanno bisogno di una riduzione delle tasse o non preferirebbero avere sostegni per l' innovazione e servizi pubblici efficienti ?La riforma degli ammortizzatori sociali presentata con enfasi dal ministro Orlando, non sembra così innovativa come sarebbe necessario. Non è ben chiaro il legame tra il sussidio alla disoccupazione e la formazione necessaria a dare al lavoratore muove competenze per metterlo in grado di rispondere alla prevedibile domanda da parte delle aziende di nuove specializzazioni.Lo stesso discorso vale per il cambiamento del Reddito di cittadinanza che Draghi ha detto di apprezzare come strumento per contrastare la povertà. Solo che deve diventare una strumento ben funzionante per evitare sia gli approfittatori, sia coloro che sono di fatto scoraggiati a ricercare un lavoro regolare, magari preferendo affiancare al Reddito qualche lavoretto in nero.In conclusione si può dire che anche con questa legge di bilancio Draghi sta dimostrando che il Paese si muove nella giusta direzione, e cioè quella di usare i soldi pubblici per gli investimenti e i servizi (sanità e istruzione in primis) e non per soddisfare le clientele, ma dimostra anche che gli ostacoli sono formidabili. Molti italiani e gran parte della classe dirigente dei partiti vecchi e nuovi, sembra impegnata a frenare in ogni modo l'opera del governo, manifestando una evidente nostalgia per la vecchia politica degli sprechi. Fanno fatica insomma a lavorare per il medio periodo, per rimanere ancorati al "presente". Il compito di premere per evitare i vecchi vizi dovrà ricadere sulle spalle dei corpi intermedi. I sindacati per il momento stentano a fare un salto si qualità tanto che minacciano uno sciopero generale, gli imprenditori dovranno trovare il modo di rilanciare il patto sociale, offrendo contenuti veramente innovativi e in linea con i propositi del governo.

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