L’editoriale

Def, i conti in versione «leggera»

di Antonio Troise

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, lo ha sintetizzato con due aggettivi: «Leggero e asciutto». Fino all’anno scorso, il Documento di Economia e Finanza era particolarmente atteso: costituiva la cornice della prossima manovra economica e, in qualche misura, ne anticipava i contenuti. Quello varato ieri dal governo, invece, contiene solo i macro-numeri a legislazione invariata, senza la parte «programmatica». Per conoscere le scelte che l’esecutivo intende compiere sul fronte dell’economia dovremo aspettare ancora qualche mese. La partita dei conti pubblici, infatti, si incrocia, quest’anno, con le nuove regole del patto di stabilità, che saranno gestite dalla prossima Commissione Europea. Entro il 20 settembre il governo dovrà concordare un «piano fiscale» per risanare i conti pubblici, seguendo un percorso concordato con Bruxelles. Ma questo rinvio, si sono affrettati a spiegare da Palazzo Chigi, non pregiudicherà il cronoprogramma della prossima manovra economica e, soprattutto, non corre il rischio di generare incertezze sui mercati. Resta comunque un po’ l’amaro in bocca per un Def tradisce le attese e, soprattutto, si limita a registrare lo status quo, con pochissimi commenti, con tanti capitoli ancora tutti da scrivere e con numeri decisamente orientati alla prudenza. Il governo ha certificato il calo delle prospettive di crescita, con un aumento del Pil dell'1% rispetto all'1,2% stimato a dicembre, ha confermato il deficit al 4,3% per quest'anno per arrivare all'obiettivo del 3% solo nel 2027, e soprattutto ha spostato di almeno due anni la discesa del debito pubblico, che fino al 2026 crescerà raggiungendo quota 139,8% del Pil. Il dato positivo è che con queste cifre e con mezza Europa alle prese con un extradeficit, non corriamo il rischio di dover fare nuovi sacrifici nel corso dall'anno con una nuova manovra correttiva. L'aspetto negativo, però, è il rinvio almeno a dopo le elezioni europee delle scelte più attese dai cittadini, a cominciare ovviamente dal capitolo della riduzione delle tasse o della riforma delle pensioni. Le uniche misure date per sicure sono, in realtà, conferme di interventi già in corso: il taglio del cuneo fiscale e la riduzione da 4 a 3 delle attuali aliquote fiscali, un pacchetto che vale da solo 15 miliardi di euro. La scelta di un Def "leggero" è ovviamente anche politica: evitare pressioni e tensioni fra i partiti della maggioranza a ridosso dell'importante consultazione delle europee. Ma, al di là delle strategie di Palazzo, sarà sicuramente difficile trovare nei prossimi mesi un equilibrio fra l'esigenza di tenere ferma la rotta dei conti pubblici e mettere in campo le misure necessarie non solo per sostenere i ceti più deboli ma anche per dare una spinta alla crescita del Paese. Senza considerare, poi, un altro fattore altrettanto importante: non sarà più possibile finanziare la prossima manovra economica con interventi in deficit. A vietarlo saranno non solo le regole europee ma anche la necessità di dare ai mercati segnali importanti sul fronte del risanamento e dell'affidabilità finanziaria.

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