L’editoriale

Economia tra luci e ombre

di Ernesto Auci

Le previsioni della Banca d’Italia appena diffuse gettano un’ombra di pessimismo sull’andamento dell’economia italiana nel corso di quest’anno e del prossimo. Secondo la nostra banca centrale quest’anno il Pil crescerà di appena lo 0,8% (prendendo la misura che non tiene conto della variazione delle giornate lavorative) e di appena lo 0,9% il prossimo. Ci sarà un forte calo degli investimenti anche a causa degli alti tassi d’interesse che la Bce manterrà per i prossimi mesi, mentre i consumi dovrebbero registrare un miglioramento anche a causa del forte calo dell’inflazione che in Italia quest’anno dovrebbe scendere all’1,3% da oltre il 5% dello scorso anno, e di un certo recupero del potere d’acquisto dei lavoratori. Dovrebbe registrare una buona ripresa l’export in collegamento con la generale ripresa del commercio internazionale. Infine il tasso di disoccupazione dovrebbe continuare a calare anche se ad una velocità inferiore a quella del recente passato. Un quadro non negativo, ma certo non brillante. Oltretutto i rischi derivanti dalla situazione geopolitica internazionale rimangono molto alti. La nostra economia è stanca e non si vedono all'orizzonte politiche adatte a modificare la situazione. Sorprende che la possibilità di accelerare gli investimenti dovuta all'attuazione del Pnrr, non riesca a dare una spinta adeguata all'intera situazione congiunturale, ne' riesca a modificare la nostra posizione competitiva nel mondo. Certo il taglio del superbonus edilizio indispensabile per evitare la bancarotta delle finanze pubbliche, potrebbe portare un rallentamento del settore, e tuttavia la gran mole di opere pubbliche, piccole e grandi, previste nel Pnrr avrebbero potuto compensare questo calo a patto, ovviamente, che si riuscisse a far partire tutti i cantieri nei tempi previsti. Ed invece i ritardi si accumulano sia per le liti tra il ministro Fitto e gli enti locali, sia per le opposizioni di varie amministrazioni alle procedure per l'apertura dei cantieri. Ad esempio molti Comuni non danno l'autorizzazione per mettere le antenne del 5G , mentre altri si oppongono agli espropri per far passare le linee ferroviarie.Ancora più grave è l'inerzia del Governo nell'impostare una vera politica economica capace di dare una svolta alla produttività italiana che da un quarto di secolo è praticamente ferma e il Paese perde terreno nei confronti degli altri partner europei. Manca qualsiasi idea di riformare quello che va cambiato a cominciare dalla Pubblica amministrazione nella quale la produttività del lavoro è addirittura scesa di oltre il 10% negli ultimi vent'anni. E non si tratta di assumere più gente, ma proprio di cambiare il modo di lavorare, abbandonando l'eccesso di autorizzazioni preventive per concentrarsi sui risultati. Sulla Giustizia non si fa quasi nulla, perché i politici non vogliono inimicarsi i magistrati. La scuola e l'Università non si toccano perché nel settore lavorano un milione di persone che costituiscono una grande forza elettorale. Il mercato del lavoro non si tocca per non scontrarsi con Landini che promuove addirittura un referendum per tornare alle regole di vent'anni fa dalle quali siamo usciti con grande fatica e con il sacrificio personale di vari studiosi, tra i quali Marco Biagi .All'inizio della prossima settimana il Governo dovrà varare il Def cioè le linee guida della propria politica per l'anno. Si dice che vorrebbe puntare su una crescita di almeno l'1%, ma questi calcoli della Banca d'Italia ostacolano fughe in avanti. Bisognerà quindi spiegare con quali politiche sarà possibile arrivare a quel livello, certo non tale da fare i salti di gioia, ma tale da farci stare a galla e soprattutto tenere a bada la situazione del debito pubblico che lo scorso anno, grazie all'inflazione, è stata molto positiva, tanto da essere scesa al 137 % circa, ma che nel 2024 rischia di risalire di due o tre punti. Con quali conseguenze sui mercati finanziari internazionali non è facile prevedere.

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