L’editoriale

Europa alla prova sulla Difesa

di Federico Guiglia

All’ordine del giorno figurano la competitività e il mercato unico. Ma sono l’Ucraina e il Medio Oriente ad aver imposto la riunione straordinaria del Consiglio europeo. Che in tempi eccezionali prepara misure eccezionali, a partire dall’«urgenza di intensificare la fornitura di assistenza militare, in particolare le capacità di difesa aerea», come spiega il testo del presidente del Consiglio, Charles Michel, inviato ai capi di Stato e di governo dei 27 Paesi per richiamare la loro massima attenzione sulla guerra alle porte di casa. Un richiamo inevitabile, ma accelerato dall’avvenuto attacco dell’Iran a Israele con droni e missili, che sono stati neutralizzati proprio dalla «difesa aerea» che gli Stati Uniti con l’aiuto della Gran Bretagna e della Francia, e con l’autorizzazione dei Paesi arabi a sorvolare il loro spazio aereo, hanno assicurato allo Stato ebraico, evitando così il peggio. Questo decisivo sostegno militare è lo stesso che Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina aggredita dalla Russia e bombardata da oltre due anni, reclama da tempo per non soccombere. «Gli alleati ci difendano come con Israele», è il suo ultimo grido di dolore e di polemica, perché Zelensky, prendendo lo spunto proprio dall'efficacia della contraerea e dei voli che hanno intercettato, colpito e distrutto l'offensiva iraniana, non ha mancato di rilevare che Tel Aviv «ha alleati nei cieli, non sulla carta». L'Europa corre ora ai ripari, ma deve far fronte anche a un'altra anomalia denunciata dall'ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, nel rapporto sul futuro del mercato unico elaborato per la riunione di oggi, a cui seguirà, domani, un vertice della Nato. Letta rivela che il 78% delle forniture militari dell'Ue proviene da Paesi non Ue. «Una vergogna», accusa. «Abbiamo bisogno che la difesa si ingrandisca sul lato industriale». La mancata crescita ovviamente incide pure sulla strategia politica dell'Unione. Ma, per rilanciare l'Ue, prende sempre più quota la candidatura, nata in ambienti politico-economici tedeschi e soprattutto francesi, di Mario Draghi quale prossimo presidente della Commissione, del Consiglio o comunque in un ruolo europeo al vertice. È una candidatura che giova all'interesse nazionale italiano e alla scelta europea di difendere l'Ucraina, scelta che vide proprio Draghi tra i primi e più convinti artefici. Ma tale prospettiva rispecchia anche la necessità di quel «cambiamento radicale» dell'Ue invocato dal nostro ex presidente del Consiglio e già alla guida della Bce, per stare al passo delle nuove sfide. La sfida militare di Vladimir Putin, quella commerciale di Xi Jinping e quella economico-politica dell'America che verrà dopo le elezioni presidenziali di novembre. Un'Europa unita, forte e consapevole, chiede Draghi e nell'Ue a lui adesso si guarda. La «capacità di difesa aerea» per Kiev all'esame del Consiglio va in questa direzione. www.federicoguiglia.com

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