Il duello

Giorgia, Elly e le due Italie contrapposte

di Stefano Valentini

Stefano Valentini Una guida il governo, l’altra il principale partito di opposizione. Entrambe sono giovani per la media anagrafica di chi fa politica in Italia. Eppure, tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e la leader del Pd, Elly Schlein, regna il gelo. Sono arrivate a rinfacciarsi la stessa cosa: essere ricorse all’insulto come arma impropria di sfida. Una contrapposizione irriducibile su tutto, dalla grande riforma alla legge di bilancio. La prima volta nella storia della Repubblica di due donne in contemporanea leadership della maggioranza e della minoranza politica non ha prodotto effetti nuovi: carissime nemiche erano e sono rimaste. Ma la distanza loro è acuita da problemi che sono molto diversi per la destra e la sinistra. Con l’appuntamento di Atreju Giorgia Meloni ha inteso mostrare, dopo un anno di governo, di avere un suo profilo nazionale e internazionale. In casa gli alleati Salvini e Tajani dovranno attendere il voto europeo per cercare di fare ombra alla leader della coalizione. E dall’estero, con le presenze dei primi ministri di Gran Bretagna e Albania, il conservatore Sunak e il socialista Rama, oltre che di Elon Musk, la premier ha voluto far vedere come si stia muovendo non solo a Bruxelles. Dove, pur senza recidere il controverso legame con la destra radicale spagnola di Vox, in vista del «Patto di stabilità» ha ricucito col francese Macron dopo un pessimo inizio. Ma la forza della Meloni è anche la sua debolezza: nessuno in Fratelli d’Italia ha il profilo che lei s’è costruito, come anche i sondaggi confermano: a destra c’è Giorgia, tutto il resto nel partito non conta. Nel Pd succede l’opposto. Se la classe dirigente progressista ha annoverato ben 6 presidenti del Consiglio (nell’ordine: Prodi, D’Alema, Amato, Letta, Renzi e Gentiloni), è invece l’attuale leader ad apparire con poca personalità politica e interprete di un programma che punta a conquistare il nuovo radicalismo dei diritti senza rinunciare alla tradizione sociale e di giustizia nel mondo del lavoro. Ma questo tentativo della Schlein, oltre a metterla in pericolosa concorrenza con Giuseppe Conte -dal salario minimo alla posizione sulla guerra- non contribuisce a identificarne la figura né a valorizzarne il ruolo. Che non è istituzionale, alla Prodi, né barricadiero stile Cinque Stelle. Se a destra c’è solo Giorgia, a sinistra Elly è sola. 

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