BIG TECNOLOGICI

I colossi a cui s'aggrappa il pianeta

di Franco A. Grassini

Con la nostra attenzione concentrata soprattutto sulla guerra in Ucraina e sulle sue drammatiche conseguenze per l’economia e l’ordine mondiale che marcia verso il disordine, spesso non consideriamo particolari soggetti che, se solo lo volessero davvero e se si mettessero a lavorare fianco a fianco, potrebbero aiutare la potenziale ripresa. Tra questi ci sono cinque gigantesche imprese che dominano i mercati e forniscono al Pianeta un sensibile contributo al progresso dell’innovazione. Sono Alphabet, Amazon, Apple, Meta (che fino a qualche mese fa si chiamava Facebook), Microsoft. Questi colossi operano in una sempre crescente varietà di settori. Si va dalle automobili a guida autonoma, alla vendita online di prodotti altrui, al quantum computing, ai progetti spaziali. Nei loro ambiti tali giganti hanno comportamenti in certa misura contradditori.

Perché, se è vero che esercitano i loro poteri monopolistici nei settori del loro core business, poi cercano anche attività innovative e impegnano cifre astronomiche per diversificare. Nel 2021 i 5 giganti hanno investito quasi un decimo del totale di investimenti innovativi effettuato negli Stati Uniti. Il doppio rispetto ai cinque anni precedenti. Un fatto di notevole importanza, posto di recente in evidenza da The Economist, è che questi titani prestano molta attenzione al progresso tecnologico e alla storia delle società leader che li hanno preceduti. Guardando indietro, ci si accorge che in passato i colossi che un tempo dominavano i mercati non sono stati mai penalizzati dalle autorità a causa del monopolio detenuto, bensì dall’insorgenza di nuove imprese che impiegavano tecnologie allora ancora sconosciute. Un esempio è quello di Fairchild, padrona del mercato semiconduttori, oggi scomparsa e menzionata solo nei libri di storia economica. I giganti attuali, di conseguenza, non solo investono in ricerca e sviluppo, ma acquisiscono potenziali concorrenti e nuove aziende innovative. Il loro contributo alla crescita è, per altro, messo in dubbio dalla notevole probabilità che nelle autorità antitrust Usa prevalga la tesi che si deve vietare ai big di entrare in settori diversi da quelli in cui già sono. La concorrenza è fattore determinante per la crescita di un Paese, ma le esagerazioni lasciano perplessi. Ma se negli Usa si considerano i giganti economici determinanti per la crescita del Paese e si discute su come gestire la loro ingombrante presenza, qui in Italia cosa è opportuno fare? Prendere atto che da noi mancano imprese di grandi dimensioni e considerarlo un fatto strutturale sarebbe stolto e miope. Occorre, invece avviare politiche industriali che invece ne favoriscano la nascita e lo sviluppo. Piccolo è senz’altro bello, ma senza esagerare. 

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