Solo intenzioni

I Grandi e lo scontro sul clima

di Federico Guiglia

Poteva essere la grande conferenza della svolta climatica. Invece la montagna della Cop28, il vertice che ha riunito i rappresentanti di quasi 200 Paesi a Dubai, ha partorito la quarta e ultima bozza di un documento che troppo somiglia a un topolino di buone, ma inadeguate intenzioni. Manca la principale richiesta del mondo europeo e occidentale: l’«eliminazione» - parola scomparsa dal testo - dei combustibili fossili con modalità e tempi ragionevoli. Ha prevalso, invece, una formulazione ambigua e vaga, che invita a una generica riduzione del consumo e della produzione «per raggiungere un obiettivo vicino allo zero entro, prima o intorno al 2050». Come si vede, persino sulla data il testo è approssimativo. Si sapeva dei troppi e conflittuali interessi di Stati con cui dover mediare. Russia, Arabia Saudita e Iraq perseguono una linea confacente a Paesi produttori di petrolio e gas. Così com’è noto che il rigore dell’Unione europea certificato dall’Accordo di Parigi del 2015 per mantenere il riscaldamento globale entro livelli di sicurezza (da ciò l’obiettivo della «neutralità climatica» entro il 2050), difficilmente può accontentare l’ambientalismo del «tutto e subito». Impensabile fare a meno di petrolio, carbone e gas in tempi rapidi e senza danni economici. Anche in questo ambito non è con le rivoluzioni, ma con le riforme che si cambia il mondo. Tuttavia, la lunga Dichiarazione della presidenza dell’emiratino Sultan Al-Jaber sottoposta all’assemblea plenaria suona come un passo indietro, anziché in avanti. Neppure compensato dalla ventilata accelerazione per la produzione delle rinnovabili e dell’energia nucleare. Protestano i Paesi insulari a rischio dai cambiamenti climatici. «Non siamo venuti qui a firmare la nostra condanna a morte», accusa John Silk, ministro delle Isole Marshall. Ma pure il rappresentante Ue, che aveva respinto come «inaccettabile» una delle bozze, ora parla di delusione per un testo «insufficiente». Poco entusiasmo anche da parte degli Stati Uniti. Affrontare la planetaria emergenza del clima con inviti alla gradualità, proposte di mini-tagli e intese che non tengono conto di tutti i punti di vista, significa ignorare i richiami della scienza. Significa anche non avere la capacità di una visione politico-strategica sul mondo che verrà, limitandosi a difendere, e pure male, solo il mondo che c’è già.

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