SE L’OMC FALLISCE

I rischi del mercato globale senza regole

di Giorgio Perini

L’Organizzazione mondiale del commercio (Omc o Wto - World trade organization), nata per agevolare gli scambi a livello globale, abbattendo gli ostacoli a cominciare dai dazi doganali (quasi un «mercato unico mondiale» in prospettiva) è in profonda crisi. La stessa direttrice generale, Ngozi Okonjo-Iweala, ha riconosciuto la sostanziale paralisi dell’organizzazione di cui è a capo. Difficile negarlo, del resto, dopo che la guerra in Ucraina ha ulteriormente esacerbato una situazione di stallo, in particolare con Stati Uniti e Cina che, pur essendo entrambi membri dell’Omc (la Cina solo dal 2001 e, secondo molti, una delle maggiori cause dell’indebolimento dell’istituzione), si accusano reciprocamente di non rispettarne le regole, fino al punto di rifiutarsi di ottemperare alle decisioni adottate nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie, sicuri di non subire alcuna ritorsione. Tema lontano dalla vita quotidiana degli italiani? Tutt’altro, visto che i riflessi sulla competitività delle nostre imprese medio-piccole e sulla strategia di quelle grandi potrebbero riverberarsi pesantemente sull’occupazione. Il quotidiano francese «Le Monde», che di recente ha denunciato questo stato di cose, individua come principale causa dell’obsolescenza dell’Omc la crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008/2010, la frenata dell’economia mondiale dovuta alla pandemia e il terremoto negli equilibri geopolitici dovuto alla guerra in Ucraina. Come conseguenza, nell’immediato, le barriere doganali e normative si moltiplicano: esattamente il contrario del motivo per il quale l’Omc era nata. Ma i problemi vengono da molto più lontano. Addirittura dall’origine, perché pretendere di standardizzare le regole del commercio internazionale tra Paesi e sistemi economici così diversi, per esempio mescolando economie di mercato a economie di Stato, si è rivelato velleitario. I segnali erano da tempo sotto gli occhi di tutti, e soprattutto di noi europei che, per concentrarci sulle esigenze funzionali al mercato unico Ue, forse non abbiamo tenuto sufficientemente conto degli effetti della globalizzazione crescente. L’accordo dell’Omc del 1994 sui sussidi pubblici alle imprese (e le eventuali misure compensatorie) avrebbe dovuto rappresentare il parallelo, a livello mondiale, delle regole Ue sulla concorrenza e in particolare sugli aiuti di Stato, un unicum a livello mondiale. Ma mentre quest’ultimo rappresenta uno dei rari ambiti di competenza esclusiva Ue, ovvero di cessione di sovranità da parte degli Stati membri, l’accordo Omc, basato sul diritto internazionale, è farraginoso e privo di potere dissuasivo. Per questo il gigantesco piano di sostegno alle imprese statunitensi, denominato Ira (Inflation reduction Act) , appena adottato, può violare spudoratamente le regole dell’Omc. In questo scenario le imprese italiane corrono un doppio rischio: pagare il prezzo della concorrenza sleale delle aziende extraeuropee, in termini di minore competitività dei loro prodotti e di perdita dell’indotto a causa della delocalizzazione di multinazionali in cerca di ambienti più favorevoli. Oppure, nel caso di un forte allentamento delle regole europee sugli aiuti di Stato, non essere in grado di reggere il confronto con Germania e Francia. Non possiamo restare a guardare: dobbiamo essere presenti – e propositivi – sia a livello europeo che internazionale.

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