L’editoriale

I tassi fermi tra molte incertezze

di Ernesto Auci
La sede della Bce a Francoforte
La sede della Bce a Francoforte
La sede della Bce a Francoforte
La sede della Bce a Francoforte

Difficilmente prima di giugno-luglio le banche centrali americana ed europea decideranno di ridurre i tassi d’interesse. E comunque sia il presidente della Fed Powell, che quella della Bce Lagarde, si sono affrettati a far sapere che non è detto che un eventuale primo ritocco segni l’avvio di una discesa continua e rilevante del costo del denaro. Insomma i banchieri centrali vedono che l’inflazione sta scendendo e quindi sarebbero propensi a dare un primo segnale di distensione della politica monetaria, ma non si fidano fino in fondo della positiva evoluzione congiunturale. Ed in effetti le incertezze sono ancora molte. La situazione geopolitica non è certo stabilizzata, anzi gli ostacoli alla navigazione nel Mar Rosso potrebbero portare ad aumenti dei prezzi dell’energia e di molti semilavorati. In più la dinamica salariale in Europa (ma anche negli Stati Uniti), è al momento contenuta ma potrebbe risentire della bassa disoccupazione e della scarsità di lavoratori qualificati che potrebbero spingere in alto le retribuzioni. Anche i profitti delle imprese potrebbero avere una crescita eccessiva a causa delle strozzature dell'offerta e del cattivo funzionamento dei mercati internazionali. Per contro ci sono segnali molto positivi che le banche centrali non dovrebbero ostacolare per evitare di cadere in una recessione le cui conseguenze sarebbero negative sui lavoratori almeno quanto quelle dell'inflazione. In primo luogo in tutto l'Occidente ( con la sola eccezione della Germania ) è stata evitata una recessione vera e propria. La crescita ha rallentato ma siamo lontani da una fase recessiva. La stessa Italia lo scorso anno è cresciuta dello 0,9% poco meno di quanto era previsto.In secondo luogo i mercati finanziari manifestano molto ottimismo. Le azioni sono ai massimi, mentre il risparmio dei privati affluisce copioso anche sulle obbligazioni e sui titoli di Stato. In Europa non ci sono tensioni tanto che il nostro spread, campanello d'allarme sempre molto sensibile, viaggia sui 125 punti, quasi 75 punti base meno di quanto ci si aspettava con un governo «sovranista» come quello Meloni. Le aziende, a giudicare dai bilanci dello scorso anno, stanno attraversando un buon periodo: salgono il fatturato e gli utili. Aumenta il dividendo per gli azionisti. Gli investimenti sono lievemente scesi ma si punta sul Pnrr per rilanciarli nel corso dell'anno. L'occupazione cresce, tanto che in Italia si sono toccati nuovi massimi. Per di più larga parte dei quasi 500 mila nuovi posti di lavoro reati lo scorso ann , sono a tempo indeterminato, il che vuol dire che la «precarietà» tanto stigmatizzata dai politici di sinistra, sta in realtà scendendo.L'economia non è certo una scienza esatta. Ma raramente i Governi ed i banchieri centrali si sono trovati di fronte ad una situazione tanto difficile da interpretare. Ci sono molti segnali positivi, probabilmente inattesi, ma si profilano altrettanti rischi di un mutamento della situazione a causa di eventi esterni o per il repentino cambiamento delle aspettative dei mercati. La presidente della Bce Christine Lagarde, appare seriamente intenzionata a non ripetere gli errori di un anno fa quando aspettò troppo prima di aumentare i tassi finendo così nella necessità di aumentarli poi in maniera repentina e per importi rilevanti. Ora sembra voler dare un segnale di fiducia predisponendo per i primi di giugno una riduzione del costo del denaro anche se accompagnata da un invito alla prudenza per evitare il riaccendersi dell'inflazione. Così probabilmente farà la Fed americana. Sicuramente questa esuberanza dei mercati azionari non aiuta a mantenere gli equilibri. Siamo in una fase di esuberanza che le autorità vorrebbero frenare, ma non sanno bene come fare, perché non vogliono danneggiare l'economia reale.I governi, dal canto loro sembrano abbastanza passivi. Si cerca di mantenere sotto controllo la spesa pubblica come ha fatto Meloni e il suo ministro dell'Economia Giorgetti, ma non stanno approfittando del momento per impostare qualche riforma capace di migliorare il funzionamento dei mercati ed aumentare l'efficienza delle imprese. Anche l'Europa è ferma in attesa delle elezioni. In Italia occorrerebbeavviare le riforme della scuola , della Pa , e della Giustizia. Ma sembrano impegni troppo gravosi per partiti politici che si stanno concentrando sulla campagna elettorale per le regionali e soprattutto per le europee di giugno. Là si vedrà se gli elettori, soprattutto quelli del Nord sapranno liberarsi dell'estremismo di Salvini e quelli del Sud della stanca demagogia di Conte. Solo in questo modo le forze moderate potranno ritrovare il coraggio di impegnarsi su riforme lungimiranti per accelerare la corsa del paese intero e del benessere dei suoi cittadini.

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