ROTTE ECONOMICHE

inflazione e tassi il sistema alla prova

di Ernesto Auci

Le buone notizie sull’economia italiana non mancano , ma subito sono bilanciate da altre negative. Il risultato è che l’incertezza si diffonde e i consumatori e gli investitori si fanno più prudenti . I timori di una brusca frenata dell’economia si fanno più concreti. Cominciamo dalle buone notizie sull’economia italiana. In primo luogo la crescita del Pil, che nel primo trimestre è stata dello 0,5%, e che la Ue prevede per l’intero anno dell’1,2% ( la più alta tra i Paesi europei). Questa crescita , superiore alle attese, è dovuta soprattutto al comparto dei servizi, in particolare al boom del turismo che ha invaso le città grandi e piccole, mentre l’industria registra piccoli regressi e anche l’edilizia è in frenata dopo l’ubriacatura del bonus del 110%. L’occupazione sta andando bene. Mai in Italia avevamo avuto tanti occupati e soprattutto varie segnalazioni concordano sul fatto che non si riesce a coprire circa 500 mila posti per mancanza di personale specializzato. Dal lato delle negatività il primo elemento da citare è l’inflazione, che lo scorso mese è risalita dal 7,7% all’8,2%. Balzo dovuto ai prezzi dei beni energetici sul mercato libero, derivante dalla sospensione dei sostegni pubblici. Soprattutto arrivano segnali negativi dal resto del mondo: molti si aspettano una recessione negli Usa, in Germania la fiducia delle imprese è in deciso ribasso, la crescita appare debole mentre la Bce sembra che voglia continuare a aumentare i tassi d’interesse anche se la stretta fatta finora sta avendo i suoi effetti. Segnala infatti, l’Associazione bancaria italiana che il credito alle imprese si è fermato. E cioè che per il momento gli investimenti sono stati rinviati e quindi non si chiede credito alle banche a causa alti tassi d’interesse. Anche se, come ha sostenuto il commissario europeo Gentiloni, la recessione è stata evitata, molti continuano a temere che sarà nella seconda parte dell’anno che potremo andare incontro a una situazione più critica. E questo perché ci troviamo a un passaggio molto difficile dell’attuale congiuntura. Le autorità monetarie di tutto il mondo, come più volte ha spiegato il Governatore di BankItalia, Ignazio Visco, di fronte a una inflazione così alta non possono non aumentare i tassi. Finora lo hanno fatto con gradualità, cercando di evitare di far precipitare l’economia in una recessione. L’inflazione infatti è un nemico molto insidioso: attacca i redditi, specie quelli medio-bassi, taglia il valore del risparmio delle famiglie, scoraggia gli investimenti industriali e quindi finisce per creare una grave crisi sociale, oltre che economica. Ma anche la medicina dell’aumento del costo del denaro non è esente da rischi: se si sbaglia la misura, si finisce in una recessione grave quanto quella provocata dall’inflazione. Di fronte a questa situazione bisogna tenere i nervi saldi e non mettersi a inseguire ricette populiste che farebbero danni ancora maggiori. I sindacati infatti hanno già annunciato i propri desiderata di politica economica: bloccare i prezzi, sanzionare la speculazione, tassare gli extra profitti, aumentare i salari. Una economia dirigista di stampo sovietico. In realtà per la parte di inflazione importata, che ora sta comunque rientrando, la ricetta è ricercare nuove fonti di energia e di fare investimenti sulle energie pulite e più economiche. Cose che si stanno facendo ma richiedono tempo e non devono essere ostacolate da una politica ambientalista velleitaria e inconcludente. Per la parte di inflazione che riguarda il mercato interno occorre agire non con vincoli e divieti, ma stimolando la concorrenza, facilitando l’ingresso nei settori critici di nuovi attori, eliminando barriere che danno a qualcuno una rendita di posizione pagata in ultima analisi dai consumatori. Infine il bilancio pubblico deve essere mantenuto in prudente equilibrio, come del resto sta facendo il ministro Giancarlo Giorgetti. E questo vale in particolare per i paesi molto indebitati. Al suo interno occorre agire per ridurre un po’ di spesa corrente e puntare tutto sugli investimenti e sulla ricerca tecnologica in modo da creare sia nuove opportunità di lavoro sia nuove occasioni per migliorare i nostri prodotti e il loro export. Il contrario di quello che propone Elly Schlein che vuole aumentare le tasse su tutti i cittadini per avere le risorse sufficienti a rinnovare i contratti del pubblico impiego. In questo modo non si andrebbe lontano: non si combatterebbe l’inflazione e non si favorirebbero gli investimenti e quindi la crescita.

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